Saimir Pirgu: “Sogno una carriera lunga, ben fatta, sana e senza follie.”

Saimir Pirgu, tenore albanese, in questi giorni è stato impegnato a Parma nel “Ballo in maschera” di G. Verdi, per l’inaugurazione della stagione operistica 2019.

Intervista all’artista di Salvatore Margarone

 

Quando nasce la tua passione per il canto lirico?

La passione per il canto è sempre stata dentro di me. Sin da piccolissimo ho sempre amato cantare, eseguivo canzoni popolari davanti a piccoli pubblici di amici e conoscenti. C’è da dire anche che in Albania, quando ero in prima elementare, il sistema comunista, ormai agli sgoccioli, seguiva ed incentivava il sistema scolastico albanese attraverso vari corsi musicali come attività extrascolastiche e diverse opportunità di praticare l’arte da parte dei bambini predisposti. Un po’ per scelta e un po’ per imposizione del sistema mi ritrovai a studiare il violino, mi diplomai, ma non smisi mai di cantare. Lo studio dello strumento ha contribuito notevolmente ad accrescere la mia preparazione musicale. La grande svolta è avvenuta quando frequentavo le scuole medie. Come ho spesso affermato, mi ritengo un “prodotto” dei tre tenori. Infatti è grazie a loro che ho intrapreso la strada del canto. Avevo circa 13-14 anni quando mi trovavo ad Elbasan, una piccola città industriale dell’Albania, era da poco finito il comunismo e vidi in TV il famoso concerto dei Tre Tenori da Caracalla. Ne rimasi affascinato. Registrai quel concerto, lo riascoltai infinite volte. Da quel momento decisi che il canto sarebbe diventato la mia vita, e così è stato.

Oltre ad aver studiato con Vito Maria Brunetti a Bolzano, l’incontro con Luciano Pavarotti è stato fondamentale. Ci racconti questo incontro? Quali consigli ti ha dato? Qualche aneddoto?

Ebbi la fortuna di conoscere Luciano Pavarotti a 19 anni, lo incontrai proprio nel periodo di Bolzano. Il Maestro era a Merano per delle cure e aveva del tempo libero che amava trascorrere ascoltando nuove voci promettenti. Perciò aveva chiesto se nei dintorni si potesse ascoltare qualche cantante, parlare di musica; fecero il mio nome e mi presentai da lui e da quel momento è nata la nostra amicizia ed un legame durato fino agli ultimi giorni della sua vita.

L’aver ricevuto gli insegnamenti di Luciano Pavarotti è stata per me una fortuna enorme. Con lui ho preparato gran parte dei ruoli che canto attualmente. Andavo da lui per farmi ascoltare e non si è mai risparmiato nel darmi consigli rivelatisi poi preziosi e fondamentali per la mia carriera e che trovo utilissimi ancora oggi. Ricordo tante ore di lezione dedicate alla pronuncia e alla dizione corrette, a come legare bene nella zona di passaggio, a come porgere bene la voce. Erano lezioni troppo preziose per me che ero giovanissimo e che costituiscono, oltre che dei bei ricordi, anche una sorgente cui attingo ancora oggi in caso di bisogno. Luciano Pavarotti è stato non solo un grande Maestro, ma anche un grande amico e consigliere e l’aver nel settembre 2013 ricevuto il premio Pavarotti D’Oro è stata per me un emozione grandissima oltre che un grande onore, è stato come un rafforzamento del sentimento di amicizia e della grande stima che sento ancora per lui, un modo per sentirlo ancora più vicino.

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Photo©Fadil Berisha

Hai avuto la fortuna di incontrare grandi Direttori d’Orchestra nella tua carriera, da Riccardo Muti a Zubin Mehta. Com’è stato lavorare con i grandi Direttori alla tua giovane età?

Avevo 22 anni quando Claudio Abbado mi volle per il suo Così Fan Tutte. Sarà stato anche per la giovane età, ma quando si ha l’occasione di lavorare con grandi musicisti come Claudio Abbado, solo successivamente ci si rende conto della grandezza di quanto accaduto. Mi ritengo molto fortunato per aver potuto iniziare la mia carriera con uno dei più grandi direttori d’orchestra. Per quasi un decennio la mia più grande preoccupazione è stata quella di apprendere il più possibile per mantenermi sulla linea di questo grande inizio e per non deludere le aspettative che il Maestro aveva su di me. E così è stato con tutti i grandi Maestri con cui ho lavorato e che hanno creduto in me come ad esempio Nikolaus Harnoncourt con cui debuttai nel ruolo di “Idomeneo” nel 2008, Riccardo Muti con cui cantai il mio primo Verdi Requiem al Festival di Salisburgo nel 2011 o ancora Zubin Mehta. Da queste grandi personalità della musica non si può che imparare, lavorare accanto a loro ti permette di avere un costante confronto al massimo livello.

Come ti stai accostando alla costruzione del tuo repertorio?

Ogni volta che introduco un nuovo ruolo nel mio repertorio faccio sempre molta attenzione a valutare lo stato attuale della mia voce ed ascolto con attenzione i suggerimenti e pareri delle persone che mi circondano, specialmente quelle che conoscono la mia voce più a fondo come il mio Maestro e il mio pianista. Con le dovute precauzioni ho sempre sperimentato ruoli nuovi per ampliare il mio repertorio. Rodolfo è stato uno dei miei maggiori successi negli ultimi anni, ma ho avuto ottimi riscontri anche come Faust in La Damnation De Faust, Roméo in Roméo et Juliette, Werther e ultimamente Simon Boccanegra oltre che i consueti Rigoletto, Traviata e Verdi Requiem che eseguo da molti anni. Se la sperimentazione è fatta con coscienza, infatti, può risultare molto utile per delineare i limiti del proprio repertorio e al tempo stesso per scoprire nuovi ruoli dove poter esternare al massimo le proprie capacità vocali.

In questi ultimi anni le tue scelte vocali vanno nella direzione verdiana.  Ci parli di questo ultimo debutto a Parma in Un ballo in maschera?

Nonostante abbia già cantato il ruolo di Riccardo con Zubin Mehta a Tel Aviv nel 2015, questo a Parma è per me un debutto molto significativo e, come in tutte le prime volte, cerco sempre di dare il mio meglio. Sono molto contento del risultato ottenuto dopo queste prime recite. Cantare un ruolo Verdiano nella terra di Verdi è per me una emozione enorme oltre che una sfida a cui mi sono accostato con grande rispetto di tutto ciò che mi sta circondando in questi giorni. Sono, inoltre, doppiamente felice che il mio debutto a Parma sia coinciso con l’inaugurazione della stagione 2019. Le tradizioni di questa città, il circolo lirico, l’amore per la musica dei cittadini e tutto ciò che ruota intorno al teatro Regio è qualcosa di unico e che mi auguro possa essere mantenuto il più a lungo possibile.

Saimir Pirgu - Ballo in Maschera- Parma 2019-Photo RobertoRicci
Saimir Pirgu – Ballo in Maschera- Parma 2019-Photo RobertoRicci

Hai tanti impegni già programmati, come concili questi con la tua vita privata?

Quello del cantante è un mestiere che richiede grandi sacrifici e soprattutto una fortissima determinazione, in quanto stravolge completamente il tradizionale concetto di vita privata. Una volta calato il sipario si torna alla solitudine, una caratteristica che accomuna tutti noi artisti, difficile da affrontare e con cui siamo costretti a convivere; dopo una produzione o un concerto sono pronto a spostarmi per una nuova meta, un nuovo impegno; vivo più di 300 giorni all’anno in giro per il mondo e il desiderio di casa è sempre forte ed è per questo che cerco per quanto più mi è possibile di coltivare gli affetti, gli amici e la famiglia, anche a distanza, mantenendo estremamente saldo il mio rapporto con la realtà e la vita di tutti i giorni. Ci sono però anche molti aspetti positivi di questo mestiere come potersi addormentare a New York e risvegliarsi e andare al lavoro a Sydney, scoprire nuovi luoghi durante i giorni di riposo, confrontarsi con nuove culture, imparare nuove lingue. Un applauso sincero del pubblico, poi, ci ripaga pienamente di ogni sacrificio ed è proprio questo il bello del nostro mestiere.

Se non avessi avuto la voce da Tenore quale altra voce maschile avresti voluto avere? Perché?

Difficile da dire, probabilmente quella del baritono: penso che i compositori si siano davvero sbizzarriti nel creare ruoli fantastici e di grande impatto scenico per la corda baritonale, basti pensare a Rigoletto o Scarpia, due ruoli che, sebben io sia felicissimo di essere tenore, ho comunque da tempo aggiunto al mio repertorio operistico da cantare… sotto la doccia!

Com’è il rapporto con i colleghi di palcoscenico?

Posso dire che normalmente mi trovo sempre bene con i colleghi che nutrono l’amore per il far musica assieme e cerco sempre di instaurare un ottimo feeling con loro, il che è anche molto produttivo per la buona riuscita dello spettacolo.

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Photo©Fadil Berisha

Il tuo rapporto con i Registi? Prediligi produzioni moderne o tradizionali? In quali ti trovi più a tuo agio?

Normalmente ho un ottimo rapporto sia con i direttori che con i registi. Rispetto a quest’ultimi, ci sono stati casi isolati in cui mi è capitato di non condividerne non tanto le scelte, quanto i modi in cui queste fossero trasmesse e ciò è accaduto quando il regista non era molto chiaro nei suoi intenti rendendo così difficile il nostro lavoro: è importante infatti che le indicazioni di regia arrivino in modo chiaro e preciso cosicché noi artisti siamo in grado di trasmetterle con convinzione sulla scena. Personalmente condivido sempre regie intelligenti e ben fatte, siano esse classiche o moderne. Aggiungo, inoltre, che oggigiorno il peso che una regia assume in una produzione operistica sta diventando sempre più rilevante: è impensabile oggi che un’artista rimanga fermo sulla scena seguendo solo il direttore d’orchestra. Allo stesso tempo, però, è bene anche che la regia non prenda il sopravvento sul canto trascurando le esigenze del genere Operistico (ben diverse da quelle del Teatro o del Musical).

Da giovane ed affermato cantante lirico, qual è il messaggio che vorresti inviare ai giovani studenti di canto?

Non smettere mai di credere in se stessi ed andare avanti con umiltà. Quello del cantante lirico è un mestiere molto duro, pieno di continui sacrifici e sfide. E’ come una vocazione per cui forte determinazione e soprattutto passione sono fondamentali per intraprendere questa strada che, una volta imboccata, è in grado di far volare nel mondo fantastico della musica e di regalare emozioni talmente belle e forti tali da ripagare appieno tutti gli sforzi fatti.

Il tuo impegno nel sociale è lodevole. Come Ambasciatore della Fondazione Down Syndrome Albania cosa ci dici a tal proposito?

Sono orgoglioso di essere ambasciatore dal 2013 dell’associazione Down Syndrome Albania e di contribuire alla sensibilizzazione delle persone relativamente a questo tema. Sono fiero di aver dato il mio apporto nella creazione di questa associazione in un paese come l’Albania dove la Sindrome di Down era prima del 2013 ancora un tabù. Sono stato e sono tutt’ora una persona fortunata e l’aiutare chi non lo è, oltre che riempirmi di gioia, mi permette di affrontare meglio la vita e il rapporto con il prossimo e mi rende ancora più consapevole di quanto siamo fortunati nella nostra vita e di quanto io personalmente sia fortunato nel praticare un’arte che aiuti e renda felici gli altri: con la mia voce sono riuscito a dar voce a delle persone bisognose.

Saimir Pirgu - Traviata London Royal Opera House - Photo Johan Persson
Saimir Pirgu – Traviata London Royal Opera House- Photo Johan Persson

Hai un sogno nel cassetto?

Devo dire che ho già realizzato moltissimi dei miei sogni e che puntualmente, una volta realizzati, inizio a sognare ancora e a desiderarne di altri. Per il mio grande sogno attuale posso dirti di esserci andato vicino nel 2017, quando ho ricevuto la nomination ai Grammy Award nella categoria “Best Opera Recording” con l’opera King Roger. Sarebbe un sogno ricevere un giorno un Grammy con un Solo Album, mi piacerebbe tantissimo. Il sogno della mia vita rimane però quello di riuscire ad offrire tutto quello che ho per più tempo possibile. Sogno quindi una carriera lunga, ben fatta, sana e senza follie.

 

I tuoi prossimi impegni?

Subito dopo il Ballo in Maschera sarò a Vienna per delle recite di Traviata allo Staatsoper e di La Damnation de Faust con Philippe Jordan al Konzerthaus. Seguiranno, tra gli impegni più prossimi, Mozart Requiem a Chicago con Riccardo Muti, Werther a Tokyo, una nuova produzione di Madama Butterfly al Teatro San Carlo di Napoli e di Bohème alla Los Angeles Opera, Carmen a Berlino, il debutto in Faust all’Opera Australia, L’Elisir d’Amore e La Bohème allo Staatsoper di Vienna. 

 

Saimir Pirgu con Angela Gheorghiu - Boheme Liceu Barcellona - Photo Irina Stanescu
Saimir Pirgu con Angela Gheorghiu – Bohème Liceu Barcellona – Photo Irina Stanescu

Grazie Saimir per il tempo che ci hai dedicato ed un grande in bocca al lupo per il tuo futuro!

 

 

 

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