I grandi compositori francesi: l’opera in Francia dal 1850

I grandi compositori francesi. L’opera in Francia dopo il 1850:tra l’opéra-comique e  il grand-opéra, l’opéra-lyrique.

 

Accanto al grand-opéra, nella Francia della seconda metà dell’Ottocento si assiste allo sviluppo di un altro genere di teatro, o meglio di un’altra sfumatura che si situa tra l’opéra-comique e il grand-opéra: l’opéra-lyrique, un genere che propone il ridimensionamento degli aspetti più appariscenti del grand-opéra. E’ l’epoca dei grandi compositori francesi.

Maestri di questa nuova svolta dell’opera francese furono Ambroise Thomas (1811-1896) e Charles Gounod (1818-1893). Thomas ha legato il suo nome a due opere: “Mignon” (1866) e “Hamlet” (1868). Sono lavori impregnati del più schietto lirismo, con pagine raffinatissime che consentono ad ogni interprete di brillare in modo esemplare e che sono diventate momenti fondamentali del repertorio di mezzosoprano (Mignon), del tenore cosiddetto di grazia (Wilhelm della “Mignon”), del soprano di “coloratura” (Philine della “Mignon” e Ofelia dell'”Hamlet”) e del baritono (Hamlet). Con Thomas “nacque così”, come ha opportunamente osservato Claudio Casini, “una melodia francese, in cui la timbrica e l’armonia diventarono elementi fondamentali. Opere che contavano per le loro pagine celebri, per la cura dei particolari strumentali, secondo un magistero tecnico che, da sempre, costituiva un vanto della scuola francese. Pagine celebri che non appartenevano, per lo più, allo svolgimento drammatico dell’azione, ma ne commentavano preferibilmente gli episodi collaterali, le sospensioni liriche…….”. Altra caratteristica dei lavori di Thomas è il saper conciliare nel canto momenti di raffinato intimismo lirico ed altri decisamente più esuberanti, che rispondevano al gusto tutto francese per il fasto. Tipico è l’uso dei ritmi ballabili, valzer o polacche, applicate al canto. Un esempio: il delicato canto di Mignon, “Con-nais-tu le pays?” e, per contrasto, la brillante “polacca” di Philine, “Je suis Titania“.

Charles Gounod -i grandi compositori francesi
Charles Gounod

Queste stesse caratteristiche calzano perfettamente anche a Charles Gounod. Il suo “Faust” (1859) è testimonianza di un musicista ricco di un’autentica invenzione musicale e di pagine non prive di certe modernità, come ad esempio la famosa “serrata” di Mefistofele. L’eleganza della scrittura, la scorrevolezza melodica e l’immediatezza della sua vocalità, a volte accusata di essere stucchevole ed alquanto caramellosa, sono caratteristiche di tutta la produzione di Gounod, dalla quale emergono ancora le opere “Mireille” (1864) e “Romeo et Juliette” (1867). Va poi messo in rilievo un nuovo aspetto che si evidenzia già nelle opere di Thomas e Gounod, la scomparsa dei recitativi parlati. Lo stesso “Faust” venne rappresentato per la prima volta con i dialoghi subito sostituiti da recitativi cantati.

È questo un nuovo aspetto dell’opera francese. L‘opéra-comique non presenta quindi più quelle che fino ad ora erano state le sue caratteristiche peculiari, cioè l’alternarsi del canto a parti recitate. Ormai il termine stesso di opéra-comique non ha più nulla a che fare con il carattere brillante dell’opera, come aveva in origine. Ora le opere al soggetto “leggero” convogliano in un nuovo genere, quello dell’ opéra bouffe, ovvero di quella che generalmente viene considerata operetta.

Jacques Offenbach-i grandi compositori francesi
Jacques Offenbach

Maestro in questo campo fu Jacques Offenbach (1819-1880). Di origine tedesca, molto spiritoso ed ironico e, allo stesso tempo, dotato di ottime capacità musicali, nonché di una altrettanto cospicua forza inventiva, Offenbach ha saputo dare a questa musica “minore” un carattere di indubbia validità, e di originalità e, non è azzardato aggiungere, di nobiltà. I suoi titoli più celebri sono “Orphée aux enfers” (1958), “La belle Helene” (1864), “La Grande-duchesse de Gerolstein” (1867) e quella che è la sua unica concessione al genere serio, “Les contes d’Hoffmann” (rappresentata postuma nel 1881). La strada aperta dall’operismo di Thomas e Gounod genera nell’opera francese una nuova ondata di vitalità che porta alla creazione di lavori di grande qualità, se non addirittura alla nascita di autentici capolavori. Gli ultimi decenni dell’Ottocento vedono un grande fiorire di opere dal sapore “esotico”, ambientate cioè in paesi lontani, generalmente orientali, dai quali i compositori cercano di ricercare le atmosfere. Appartengono a questo genere, “Les pecheurs de perles” (“I pescatori di perle” 1863). “Djamileh” (1872) ed anche “Carmen” (1875) di Georges Bizet (1838- 1875). Sembra strano, ma anche la Spagna di “Carmen”, con il suo colore spagnolo rientra nel gusto esotico allora in voga in Francia.

Georges Bizet-i grandi compositori francesi
Georges Bizet

“Carmen” rappresenta il punto d’arrivo della carriera musicale di Bizet, ma non solo. Stroncata dalla critica ed accolta non certo con entusiasmo dal pubblico, “Carmen” ha potuto ben presto cogliere il meritato successo che continua ancora oggi ad accompagnarla. Nietzsche ha fatto di “Carmen”, con una punta di malignità, “il simbolo ed il modello dell’opera mediterranea, a contrasto con la fumosità nordica delle macchinose costruzioni wagneriane”. Sta di fatto, comunque, che l’apparizione di “Carmen” segna una punta più avanzata del rinnovamento dell’opera francese. L’esotismo di “Carmen” che l’orchestra dipinge in modo mirabile, non diventa un bozzettismo fine a se stesso e nulla toglie al dramma che si consuma sulla scena. Fu proprio il forte carattere drammatico a sconvolgere il pubblico dell’epoca, più abituato alle mezzetinte che ai colori sanguigni proposti da Bizet.

Camille Saint-Saëns -i grandi compositori francesi
Camille Saint-Saëns

Segni più o meno evidenti di questa ricerca drammatica sono presenti nelle opere “Sanson et Dalila” (1877) di Camille Saint-Saëns (1835-1921), “Lakme” (1883) di Leo Delibes (1836-1891), “Le roi d’Ys” (1888) di Edouard Lalo (1823-1892). Ad esempio, nel “Sanson et Dalila”, di C. Saint-Saens, concepita nello spirito e nello stile  dei grandi maestri del passato, si ritrovano rimembranze soprattutto di Gluck, del quale possiede la grandezza tragica e l’austera concisione, non ignorando i progressi moderni, soprattutto nel campo dell’istrumentazione.

Bisogna però aggiungere che non si può certo parlare di grandi stravolgimenti perché, un po’ come nell’opera italiana, i musicisti francesi difficilmente sfuggivano alle regole del canto, o ancora più al gusto di un pubblico assai tradizionalista.

I compositori che hanno tentato di sfuggire a queste regole non hanno certo avuto vita facile ed ancora oggi non sono certo tra i più rappresentati. Ad esempio opere come il “Sigurd” (1884 ) di Ernest Reyer (1823-1909), “Gwendoline” (1886) di Emanuel Chabrier (1841-1894) e “Le roi Arthus” (1903) di Ernest Chausson (1855-1899) sono partiture che non si nascondono dietro facili melodismi atti ad accontentare il palato dolce dei parigini, ma anzi mostrano apertamente una chiara adesione al gusto ed alle forme delle opere post-wagneriane. Lo si capisce anche dalla scelta dei soggetti che guardano non a mondi esotici, ma a miti o leggende nordiche. Possiamo però considerare queste opere alla stregua di sperimentazioni poiché non intaccano in alcun modo il normale incedere dell’operismo francese e, soprattutto, non offuscarono la popolarità di quello che è il più celebre compositore d’opera della fine del secolo Jules Massenet (1842-1912).

Jules Massenet-i grandi compositori francesi
Jules Massenet

Autore assai prolifico, Massenet sì è cimentato nei generi più disparati, mettendo in luce uno stile personale molto eclettico. Si va dal genere esotico, con varie concessioni al grand-opéra di “Le roi de Lahore” (1887), “Herodiade” (1881), “Le Cid” (1885), “Thais” (1894), a quello che guarda ad un certo realismo di stampo italiano presente ne “La Navarraise” (1894), “Sapho” (1897) e “Therese” (1907), fino ad opere di più chiara matrice francese, cioè lyrique, dai toni più apertamente romantici: “Manon” (1884) e “Werther” (1892). Dotato di un linguaggio melodico facile, al limite del banale, scorrevolissimo, assai personale, Massenet non prese mai le distanze dal gusto del pubblico anzi lo assecondò attraverso la sua tipica sensualità, e quel sottile velo di malinconia che caratterizzano le sue opere. Ma non c’è solo apparenza, in Massenet il gioco teatrale è sempre attento, come attenta è la sua cura sulla psicologia dei personaggi, specie quelli femminili. Altrettanto ricca è la sua gamma di colori orchestrali, una varietà infinita di mezzetinte, di sfumature. Certamente il compositore predilige i colori sfumati, raramente crea accesi contrasti. È forse per questo caratteristico languore, che è un po’ la sua firma, che Massenet ancora oggi gode dell’amore incondizionato del pubblico.

Gustave Charpentier-i grandi compositori francesi
Gustave Charpentier

Allievo di Massenet è Gustave Charpentier (1860-1956). Il nome di questo compositore è legato a quella che è stata ed ancora oggi la sua unica opera di successo” Louise” (1900), una partitura particolare, che a differenza di Massenet, guarda ad un marcato realismo, ad un teatro cioè che vuole il più possibile rappresentare la quotidianità, gli spaccati di vita sociale anche ordinari. Per queste caratteristiche Charpentier è il musicista che più di altri si avvicina a quelli che erano i maggiori esponenti del realismo nella letteratura francese: Guy de Maupassant (1850-1893) e Emile Zola (1840-1902). Due anni dopo la “Louise”, di Charpentier, con la prima rappresentazione di “Pelleas et Melisande” di Debussy comincia una nuova epoca musicale.

 

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