L’Opera del Novecento nel resto dell’Europa fino a Bohuslav Martinù

L’Opera del Novecento nel resto dell’Europa fino a Bohuslav Martinù

L’Opera del Novecento continua la sua evoluzione al di là dei confini italiani con Szymanowsky, Bela Bartok, Leos Janacek, Bohuslav Martinù, Prokofiev, Sostakovic, Stravinskij, Manuel De Falla, Benjamin Britten.

 

Compiamo una rapida carrellata dei principali autori delle varie scuole nazionali dell’Europa dell’Est. Iniziamo con la Polonia. Il più conosciuto autore di opere polacche del primo Novecento è Karol Szymanowsky (1832-1937). La sua partitura teatrale più importante è senza dubbio “Krol Roger” (“Re Ruggero”, 1926) un’opera di grande impegno teatrale, musicalmente influenzata dalla scuola impressionista tedesca ed in particolare da Franz Sckreker.

La musica contemporanea polacca ha invece in Krzysztof Penderecki (1933) il suo massimo esponente. La sua opera “Die schwarze Maske” (1986) rappresenta la straordinaria capacità drammatico-teatrale di questo musicista.

In Ungheria l’opera più importante del Novecento è “Il castello del principe Barbablù” (composta nel 1911 e rappresentata dal 1918) di Bela Bartok (1881-1945), caratterizzata da una energia ritmica quasi ossessionante, da un’armonia quasi ai limiti dell’atonalità, da una ricerca timbrica inesauribile, da un modo affatto originale di adattare per meri fini espressivi le strutture caratteristiche del canto popolare, ricostruito non mediante citazioni letterali ma attraverso l’imitazione e la reinvenzione; una straordinaria audacia di scrittura, unite ad un naturale istinto teatrale.

In Cecoslovacchia il più importante compositore del primo ventennio del Novecento è Leos Janacek (1854-1928) che ha segnato un profondo rinnovamento nel campo dell’opera nazionale.

Partito da basi wagneriane soprattutto legato a Smetana, Janacek con una lunga opera di maturazione stilistica è giunto ad un linguaggio estremamente originale. I suoi approfonditi studi sugli aspetti fonetici della lingua e della musica popolare del suo paese, lo hanno portato a risultati assolutamente innovativi. Janacek articola la sua musica sul valore fonetico della parola, apportando così importanti cambiamenti nella prassi compositiva: dall’armonia, alla strumentazione, aspetti quanto mai moderni e precorritori. Tra le sue opere, la più famosa è sicuramente “Jenufa” (1904), ma vanno anche ricordate “Kata Kabanova” (1921), “Il caso Makropulos” (1926) e “Da una casa di morti”.

 L'opera del Novecento -Bohuslav Martinù
Bohuslav Martinù

Dopo Janacek, il mondo musicale cecoslovacco della prima metà del nostro secolo è dominato dalla personalità di Bohuslav Martinù (1890-1959). Nonostante abbia vissuto tra la Francia e gli Stati Uniti, Martinù è rimasto sostanzialmente fedele alle fonti della musica ceca, rivedendone però i contenuti con uno spirito marcatamente moderno, nel quale sono presenti anche influenze jazzistiche, oltre ad un neoclassicismo di stampo stravinskiano. Ha composto 12 opere, tra queste le più note sono “La commedia sul ponte” (1937), “Jeulietta” (1938), “Ariane” (1958) e “La passione greca” (del 1959 ma rappresentata nel 1961).

La Russia sovietica ha in Sergej Prokofiev (1891-1953) il suo compositore più importante. Lo stile di Prokofiev, pur rimanendo nell’ambito del tonale, si caratterizza per una spiccata originalità delle combinazioni armoniche, per un preciso senso ritmico e per un’orchestrazione di grande ricchezza sebbene a tratti spigolosa e chiusa a facili compiacimenti o a lirismi troppo distinti. Tutti questi elementi li ritroviamo nelle sue opere più famose, “L’angelo di fuoco” (composta tra il 1919 e il 1927 e rappresentata nel 1955), opera dal carattere allucinato, di grandissimo impatto scenico, e nella monumentale e forse un po’ intrisa di retorica comunista, “Guerra e pace” (1955). In questo lavoro Prokofiev riesce a dare ai suoi personaggi, in particolare a Natascia, melodie di grande espressività e lirismo che si fondono perfettamente con il carattere tipicamente russo che si rifà alla migliore tradizione nazionale, quella di Musorgskij, per intenderci.

Della Russia moderna ricordiamo ancora Dmitrij Sostakovic (1906-1975). La sua opera più nota è “Lady Macbeth del distretto di Mzsenk” (terminata nel 1932 e rappresentata nel 1934) invisa alla critica ufficiale, malgrado il successo ottenuto da parte del pubblico. Quest’opera, che segnò l’inizio dei contrasti tra il musicista e le istituzioni musicali del regime, subì una revisione e ricomparve sulle scene con il titolo di “Katerina Izmajlova” nel 1956. La sua musica intrisa di una cupa sensualità, ma allo stesso tempo di crudezza ed arditezza, risponde in modo pressoché perfetto alla vicenda, alquanto brutale dell’opera.

Tra i moderni compositori russi, il nome di Igor Stravinskij (1882- 1971) è sicuramente il più noto in Occidente. Conosciuto in modo particolare per i balletti creati durante una lunga e proficua collaborazione con la compagnia dei Balletti Russi di Diaghilev, nel campo dell’opera Stravinskij, dopo l’operina comica “Mavra” (1922) e l’opera-oratorio “Oedipus rex” (1927), sì è cimentato una sola volta con un’opera di grande impegno teatrale: “The Rake’s Progress” (“La carriera di un libertino”, 1951). Essa rappresenta l’ultimo capolavoro operistico concepito in una forma che guarda apertamente ad uno stile classico, che potremmo definire “mozartiano”, nel quale Stravinskij usa in modo geniale recitativi e arie di stampo tradizionale.

La Spagna è dominata essenzialmente dalla zarzuela, un genere che non ha mai varcato i confini della nazione e che trova in Manuel De Falla (1876-1946) il primo compositore di fama internazionale. La sua opera teatrale più importante è “La vida breve” (composta nel 1905, rappresentata nel 1913), nella quale domina la bellezza del tessuto orchestrale, intriso di temi folcloristici spagnoli, e quell’affascinante senso del destino e della morte che percorre tutta l’opera.

L’Inghilterra del Novecento, esce dall’isolamento musicale, esportando quello che è il suo compositore più noto in campo internazionale: Benjamin Britten (1913-1976). Dotato di un sicuro istinto teatrale e di una capace tecnica compositiva, Britten ha realizzato molti lavori per il teatro. Fu proprio con un’opera, il “Peter Grimes” (1945), che Britten raggiunse la fama mondiale e si avviò così ad una brillante carriera teatrale. Molti dei suoi lavori sono considerati opere da camera perché si avvalgono di un numero piuttosto ridotto di interpreti sia vocali che strumentali. Di questo genere ricordiamo soprattutto “The Rape of Lucretia” (“Il ratto di Lucrezia”, 1946) e “The Turn of the Screw” (“Il giro di vite”, 1954″) che potremmo considerare il suo capolavoro. In questa partitura, Britten riesce a creare un’atmosfera di grande tensione drammatica, avvalendosi di un ridottissimo organico strumentale che mette in luce le sue capacità di strumentatore.

In anni recenti sì è imposto il compositore John Taverner (1944-2013). Sebbene una buona parte della sua attività sia legata alla musica sacra, Taverner ha composto anche lavori di stampo teatrale o opere-oratori, quali “Therese” (1976) o “Mary of Egypt” (1992).

 

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