Marco Paolini a San Daniele con “Antenati”

San Danielre del Friuli, stagione ERT 2022 23

Antenati

The grave party

di e con Marco Paolini

musiche di Fabio Barovero

assistenza tecnica Piero Chinello

produzione: Michela Signori, Jolefilm

in tournée dal 16 al 21 novembre 2022

 

L’Ert, Ente teatrale regionale del Friuli Venezia Giulia, è realtà culturale importantissima, senza una sua sede principale, ma una disseminazione territoriale su 28 teatri disseminati sull’intero territorio .

In questo modo anche realtà molto piccole e sicuramente periferiche hanno potuto offrire al pubblico, peraltro in gran parte di abbonati a testimonianza della riuscita della iniziativa, è stato possibile garantire proposte teatrali di spessore, con interpreti di grande valore .

A riprova di ciò, il 17 novembre è iniziata la stagione di  San Daniele del Friuli con Marco Paolini  che ha proposto Antenati, che continuerà la sua tournee regionale fino al 21 del mese, per tornare nel circuito Ert a marzo con un altro spettacolo: Sani.

Uno dei rischi di questo spettacolo, che affronta temi che possono facilmente scivolare nel populistico, come progresso, ecologia, origini comuni di tutti gli uomini, razzismo, era di trovarsi un altro dei grandi interpreti del teatro italiano trasformato in un predicatore, categoria sempre più diffusa, sempre più fastidiosa, sempre meno interessante.

Invece quello che ha offerto Paolini è stata una prova d’attore di grandissima qualità, misurata, intelligente, nella quale l’interprete ha saputo cavalcare registri diversi, in un caleidoscopio di passaggi dai toni delicati, a quelli travolgenti, dal racconto colloquiale ed informale ad atmosfere epiche.

Sempre coinvolgente, mai autoreferenziale, capace di un siparietto divertentissimo per salutare il ritorno al teatro precovid grazie ad un impertinente telefonino che squillava e che l’imbarazzato proprietario non riusciva a zittire, Paolini ha proposto questo lungo monologo collegato al progetto ‘La Fabbrica del Mondo’, nato durante il lockdown.

Il figlio dell’attore, giovane ecologista, dall’altro dei suoi sette anni riprende il padre che spreca acqua e mangia carne e così il povero genitore  per riuscire a sostenere qualche tesi , decide di convocare tutti i suoi avi, nell’auspicio di capire , attraverso il passato, il presente e immaginare il futuro.

Accarezza i difetti  dei nostri progenitori per mettere alla gogna un presente  superficiale.

Si ritrovano 4000 generazioni, 8000 coppie di ‘nonni, che si incontrano attorno ad una grande catasta, sovrastata da un frigorifero, per raccontare  e raccontarsi.

Si parte dal villaggio africano nel quale è nata la nostra civiltà, per passare alla grande migrazione che li portò in Europa, alla ricerca di una mitica Venezia nella quale le 4000 nonne hanno sognato di andare in viaggio di nozze.

Iperbole divertente, che apre ad una serie di sorrisi con i quali vengono raccontati la genesi del pianeta, la deriva dei continenti, il vagare dell’Antartide, il genoma e la genetica, riuscendo ad essere corretto senza essere mai lezioso  o  cattedratico.

Ironico, divertente, ma puntuale e preciso, in un gioco di rimandi che anche l’uso sapiente della voce rende suggestivo: un registro basso che esalta il colore ambrato di una voce che pare condurci in Savana, certe parole affettuose sussurrate, quasi in falsetto, un crescendo che lascia a bocca aperta, fino alla canzone finale, che Paolini accenna, senza sovrapporsi all’originale.

Gesto poetico che sottolinea quanto l’attore sia istrionico senza essere prevaricatore.

In ognuno di noi, ci dice, si incontrano i segni di chi ci ha preceduto , i fili che ci legano ai nostri avi, a quelli che conosciamo ed a quelli che ignoriamo e pensando a loro  possiamo trovare le risposte alle domande che ci turbano, fra antichi batteri e nuovi influencer, fra grandi verità assolute e moderne fake news.

Alla fine non usciamo con il rimpianto per qualcuno o qualcosa, ma l’invito, coraggioso, ad apprezzare si ha, quello che si è.

Nulla è andato perso, perché dentro di noi abbiamo i geni dei nostri 8000 nonni, ma c’è bisogno di riprendersi la vita in mano, con coraggio e senso della bellezza, ma anche consci del grande dono che è l’imperfezione.

Di grande efficacia le musiche di Fabio Barovero, che   nel corso dello spettacolo si ritagliano un ruolo sempre più importante e magnifiche nella loro  essenzialità le luci di Piero Chinello.

Applausi  convinti ed abbondanti, che hanno chiamato in scena più volte l’attore, protagonista di uno spettacolo  che merita di essere ricordato fra le più produzioni di questi ultimi anni.

 

Gianluca Macovez 

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