Intervista a Massimo Iannone: “ …una vita fantasmagorica”

Massimo Iannone ha alle spalle una vita che lui stesso definisce fantasmagorica.

Pianista, tenore, artista del coro dell’accademia nazionale di Santa Cecilia, e cantante nell’ensemble “Voci italiane” di cui è stato anche fondatore e manager. 

Iannone è tutto questo e molto di più.

Protagonista di incontri artistici importantissimi ed episodi di vita fuori dall’ordinario.

Attualmente il suo percorso lo ha portato ad essere un apprezzato vocal-coach seguitissimo sul web e non solo.

Da tre anni lavora all’accademia di alto perfezionamento della fondazione festival pucciniano  di Torre del Lago.

Quest’anno lo ha visto già vincitore del prestigioso premio Enrico Caruso, ma i riconoscimenti non si fermano qui visto che a breve riceverà un altra importante attestazione di successo: il premio alla carriera “Una vita per la musica” che gli verrà consegnato a Rieti, teatro Vespasiano, il 18 Settembre, in occasione della serata di gala del concorso lirico Mattia Battistini.

Ed è approfittando di questa occasione che l’ho raggiunto telefonicamente a Barcellona per un’intervista nel giorno del suo sessantesimo compleanno.

Massimo Iannone


Innanzitutto grazie della disponibilità e tantissimi auguri.

Mi risponde con voce simpatica e una risata contagiosa.

Ti ringrazio. Sono dalle 8 del mattino che rispondo agli auguri.

Lo immagino. Cosa fai a Barcellona? Vacanze? Lavoro?

Finalmente un po’ di vacanza dopo l’ Accademia ed il festival Pucciniano. Un’esperienza bellissima quella di questa edizione 2022 dove ci sono stati 28 debutti di giovani che hanno partecipato al festival in piccoli e grandi ruoli. E non solo nel repertorio Pucciniano, perché mi piace ricordare anche La Petite messe solenelle  di Rossini con il maestro Michele Campanella e Monica Leone a Roma. Poi, ovviamente, abbiamo fatto anche la messa di Puccini e tanto altro ancora. Non ultimo c’è stato il debutto di un giovane soprano “academy” nel ruolo di Turandot:  Yuko Tsuchiya, che  si è fatta  carico di un ruolo così impervio ottenendo un grande successo.

Il 18 settembre ti verrà consegnato questo premio alla carriera. Ma prima di parlarne, se sei d’accordo vorrei che ci raccontassi la tua vita.

Una? E’ troppo poco. Ieri, mentre ero al mare ho riflettuto sul mio percorso e sono riuscito a contare otto diverse vite. Vogliamo parlare di queste?

Benissimo. Cominciamo dalla prima vita.

La prima è quando da piccolino, come capita spesso ai cantanti, sono stato voce solista, la voce bianca, del coro parrocchiale. E sono stati anni importantissimi. Avevo 6 anni quando ho iniziato. Poi qualche anno dopo ho cominciato a suonare l’organo  in chiesa accompagnando le varie liturgie. Anche se ero solo un bambino sono stato abituato in famiglia a darmi da fare.  La mia era una famiglia piccolo-borghese in cui comunque mi avevano insegnato che il lavoro e il guadagnarsi da vivere era un aspetto importante insieme agli affetti, al volersi bene e alla felicità. Il lavoro quindi è sempre stato fondamentale. E io ho cominciato subito, da piccolino ad arrotondare la mia “ paghetta” con lavori musicali.

In che cosa consisteva a quei tempi il tuo lavoro? Eri ancora un bambino praticamente.

Si, ma qua siamo già nella mia seconda vita. Avevo solo 15 anni e insegnavo solfeggio. Può sembrare incredibile ma uno dei miei allievi del tempo era  Gerardo Canfora che oggi è il Rettore dell’Università del Sannio. Fui io a prepararlo per gli esami per la licenza di solfeggio al conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli.

Poi potremmo identificare una terza vita che è stata quella del giornalista perché appena diciottenne intrapresi la carriera di pubblicista. Ho collaborato per numerose testate come notista e come critico musicale.

Quindi un duplice ruolo. Artista ma anche giornalista. Com’è stato il tuo approccio in veste di critico musicale?

Ti ringrazio per questa domanda che mi dà l’opportunità per scusarmi e dire pubblicamente che rinnego tutto quello che ho scritto perché l’inesperienza della gioventù mi ha fatto essere a volte molto severo. Invece con gli anni, e soprattutto calcando a mia volta il palcoscenico, ho capito che prima di criticare un lavoro bisogna saperlo fare.

Il lavoro di un musicista è molto difficile.

L’atteggiamento intransigente che avevo, e che era dato dall’esuberanza giovanile, non andrebbe mai usato, intanto per il rispetto degli artisti, e poi perché il piacere di una persona che partecipa ad una rappresentazione deve essere quello di condividere la felicità e le cose belle. E a questo punto non posso non parlare del Buddismo che  ha cambiato moltissimo il mio approccio con la realtà.

Nella vita  dobbiamo metterci gli “occhiali giusti” con la consapevolezza che in ogni cosa c’è sempre una commistione di bene e di male, di cose giuste e non giuste, di cose belle e meno belle, ma l’”occhiale giusto” ci deve servire per ingrandire la bellezza. Per mettere a fuoco la meraviglia e l’amore che ci circonda. E questo vale nei momenti di ogni giorno  cosi come sul palcoscenico, o in un’esecuzione musicale. Quindi oggi sarei un critico musicale con uno stile completamente diverso. Forse più saggio, ma soprattutto, detto in modo Buddista, più bello e compassionevole e più d’aiuto ai lettori.

Più positivo quindi?

Certamente. Anche godere di qualche piccola imperfezione ad esempio fa parte della bellezza della musica dal vivo.

Spesso però trovo che si vada a teatro, per un concerto o per un’opera, convinti di dimostrare competenza nel trovare i difetti di un’esecuzione, invece la vera sapienza è nel trovare le cose belle, le cose che funzionano. Invito gli appassionati ad andare a teatro con lo spirito di esaltare il bello e il coinvolgimento emozionale che uno spettacolo è in grado di trasmettere.

E arriviamo alla tua quarta vita. Quella di tenore.

Esatto. Ho debuttato a 24 anni come protagonista dell’Orfeo all’inferno di Hoffenbach con la orchestra e coro della RAI.  Mi sono specializzato nel repertorio del ‘700: la Maga Circe di Pasquale Anfossi, Le cantatrici Villane di Valentino Fioravanti, Il mondo della luna di Paisiello.

Però, e sembrerà strano perché sono una persona molto estroversa per cui è difficile crederlo, ero terrorizzato dal cantare in pubblico.

Ti faccio una piccola confessione. Una volta interpretavo un personaggio en travestì in Filandra e Selvino di Scarlatti, e ci fu un momento in cui ho avuto un vero e proprio attacco di panico. Volevo scappare, e non l’ho fatto solo perché non volevo far dispiacere ai miei genitori che erano in sala. Da quell’episodio capii che non potevo vivere con quell’ansia che provavo nell’esibirmi da solista.

Invece il coro mi dava  sicurezza emotiva,  mentre con  l’ensemble ho ritrovato anche la gioia ed il rapporto con il pubblico in modo più diretto e coinvolgente.

Hai parlato del coro. Ed ecco quindi la tua quinta vita.

Ancora faccio parte , per un altro pochino poi andrò  in pensione, di uno dei complessi professionali più famosi e celebri del panorama internazionale: il coro dell’accademia nazionale di Santa Cecilia.

Io penso che fare l’artista del coro sia uno dei lavori più belli e più formativi per un cantante. Poi se, come me, hai la fortuna di farlo con una delle massime fondazioni al mondo dove in 35 anni ho potuto lavorare e assistere alle prove con Bernstein, di partecipare a lavori con Giulini, Maazel, Gatti, Masur, Sawallisch, Sinopoli, Balatch, Abbado, Pappano, Seguin, Pretre, solo per citarne alcuni, praticamente tutto il gotha dei direttori d’orchestra, non si può non reputarlo come un grande privilegio. Mi è stato detto che sono un patrimonio professionale  come artista del coro e forse hanno ragione perché avere accumulato tanta esperienza con tanti direttori, tra i più grandi del secolo, è parte fondamentale del mio bagaglio culturale e della mia formazione, e costituisce il fulcro della didattica che io sto portando avanti con i giovani.

La sesta vita invece?

E’ quella da sindacalista, perché mi sono occupato di problematiche sindacali con una partecipazione anche a livello Nazionale. Ho fatto parte di molte commissioni paritetiche e al Mibact  sono stato  rappresentante dei lavoratori dello spettacolo nella consulta della cultura.

Massimo Iannone

 

E il tuo impegno con il gruppo Voci Italiane come si colloca?

Quella è la settima vita in cui non solo sono stato il Manager dell’ensemble Voci Italiane ma sono stato anche il responsabile artistico, e mi occupavo inoltre di produzione, di comunicazione e di organizzazione.

Il nostro era un repertorio molto vasto che andava dalla musica  antica fino al contemporaneo, producendo anche uno spettacolo di musica popolare che riscuoteva un alto gradimento da parte di pubblico e critica. Le melodie Napoletane che avevamo nel programma erano rivisitate in modo polifonico  dal Maestro Ciro Visco. E voglio sottolineare il rapporto che mi lega al Maestro Visco, un rapporto di amicizia fraterna. Ho iniziato a cantare a 17 anni con lui che mi dirigeva appena quindicenne. E’ stato un percorso musicale parallelo che  ha portato Ciro ad essere tra i più grandi direttori di coro del mondo, e  me  un vocal coach professionista, ma, come dicevo, strade parallele  sempre unite da un fraterno affetto con un denominatore comune che è l’amore e la passione per la musica, le voci, e sani  valori morali ed etici, quelli  che davvero contano nella vita .

 

Arriviamo infine alla tua ottava vita che è quella attuale: il vocal coach. 

Giunge alla fine di un lungo percorso perché si diventa un bravo vocal coach solo nella maturità quando hai esperienze di tante vite. E quando dico “tante vite” non mi riferisco solo a questi percorsi che ti ho, forse lungamente, enunciato.

 Come dicevo prima sono Buddista e la mia è una visione del mondo che mi porta a credere nella reincarnazione. Ecco io penso di essere il risultato di tante vite precedenti e sicuramente in quelle vite c’era  forse anche un musicista, o insegnante di canto, chissà….sicuramente una persona buona.

 

Parliamo del tuo canale you-tube che riceve migliaia di visualizzazioni e che è un vero successo. Come è iniziata questa avventura?

In realtà il successo dei miei video nasce sui social e su piattaforme internazionali basti pensare che il docufilm-intervista sulla mia vita realizzato da  Bruno Carenini e prodotto da thedeeping.com ha ricevuto più di tre milioni di visualizzazioni. Lo si può trovare a questo link: https://www.thedeeping.eu/2021/01/11/windows-interview-guest-massimo-iannone/, invece il mio canale You tube è qui https://www.youtube.com/channel/UCFI3gzOZD2i01lCQRWrBiDg ed è più come una brochure.

Tutto questo è iniziato quasi un pochino per gioco perché mi piaceva tantissimo l’idea di dare consigli ad allievi sparsi ovunque.  Poi il covid indirettamente mi ha aiutato a sviluppare questo percorso perché ho incrementato tantissimo la produzione di questi video. A tutt’oggi mi scrivono persone un po’ da ovunque, dal Giappone, dalla Corea, dalla Cina, dall’Australia. Parte del mio successo è dovuto a  all’ormai famoso “Ciao amici” con il quale apro le mie lezioni on-line. Un format che  mi sono inventato ispirandomi agli spot degli Stati uniti e ha funzionato.

In un primo momento è stato un gioco, poi mi sono accorto  che era veramente un modo per aiutare i giovani. E Alla fine In maturità ho realizzato che questa professione è lo  scopo della mia vita, in poche parole, una missione.

Come descriveresti il tuo modo di insegnare?

Il cantante ha uno strumento complesso in cui le corde vocali sono direttamente collegate al cuore ed è attraverso queste due componenti che nasce l’interpretazione, mettendo a nudo le emozioni, ma anche i problemi, e le insicurezze. Ed è per questo che mi piace usare il termine vocal coach che è qualcosa di più sottile di un insegnante. Non è solo  una guida musicale ma è anche un preparatore-motivatore, un  trasmettitore di energia che entra dentro l’anima di un cantante e gli fa superare le  insicurezze aiutandolo ad esprimersi al meglio.

Da tre anni sei il vocal coach alla Puccini Academy di Torre del Lago.

 E stato il Maestro Giorgio Battistelli, e questo mi riempie di gioia ed onore, a propormi alla Fondazione.

La Puccini festival Accademy secondo me ha una marcia in più rispetto ad altre accademie, intanto perché si trova in un luogo magnifico in cui veramente si può respirare l’energia di Puccini, e poi perché la Fondazione ha dato la reale opportunità a tutti i partecipanti di calcare il palcoscenico e mettersi alla prova con un debutto. E un’altra cosa molto bella della fondazione festival Pucciniano è che tutti i musicisti, i tecnici,  e quando dico tutti davvero tutti, dalla Dirigenza all’usciere, alla donna delle pulizie, tutti e proprio tutti lavorano con uno spirito di gruppo, come se si fosse in una grande famiglia. Ed è veramente così. Qui si trova veramente la grande famiglia di Puccini che lavora per portare avanti il messaggio e la musica del nostro grande Maestro.

 

Puccini cosa ha di veramente speciale per un vocal coach?

Alla Puccini festival Academy  i ragazzi hanno fatto uno studio approfondito con una particolare attenzione su quello che è realmente scritto, perché Puccini più di tutti scrive esattamente  quello che vuole fornendone tutte le indicazioni musicali. Quando vuole un forte, o quando vuole un piano, ad esempio, oppure quando vuole un portamento e quando non lo vuole. Tutto è scritto in modo chiaro e minuzioso , devi solo mettere “l’occhiale giusto”. 

Nella tua vita hai conosciuto una marea di persone, in campo artistico e non solo. Vuoi raccontare gli incontri più importanti? 

Da Buddista  ho avuto il piacere di incontrare, di stringere, anzi di essere abbracciato dal Dalai Lama a Roma. E’ stato quasi un incontro magico. Sua Santità per me ha un significato spirituale ma per tanti è l’uomo della pace ed incontrarlo è stato come abbracciare l’armonia del mondo.

Mi piace anche ricordare che ho avuto l’opportunità  di conoscere Sigfried & Roy a Las Vegas. Una città che mi piace tantissimo, in cui ho avuto il piacere di cantare e in cui ho avuto modo di incontrare questi due personaggi popolarissimi negli anni 70 e 80 che sono considerati come i padri degli spettacoli di trasformismo. Per anni sono stati i protagonisti di quella che è considerata una delle più grandi e più belle produzioni spettacolari con le tigri albine.  La prima volta che li vidi  era appena nato un tigrotto bianco, assolutamente un evento straordinario, e nel presentarlo alle telecamere di mezzo mondo , vennero in sala e lo consegnarono tra le mie braccia.

Sembrava una cosa organizzata invece fu solo casuale magia. Ma è successo veramente: per questo e, per tanto altro ancora, mi ritengo un uomo molto fortunato, per ciò che mi è capitato e per le persone che ho incontrato. Vi invito a cliccare l’hashtag   #fantasmagoricavita  e scoprirete anche cose molto divertenti.

Parliamo ora finalmente del premio alla carriera che ti verrà consegnato durante la serata di Gala del Concorso Lirico Internazionale Mattia Battistini – che si svolgerà il 18 settembre 2022 a Rieti e che è il coronamento di una vita dedicata all’arte.

E’ un concorso storico molto famoso, gran parte dei cantanti di oggi e di ieri sono passati per questo concorso. E’ stato ideato da Franca Valeri e il Maestro Maurizio Rinaldi che selezionando i giovani, li facevano studiare, poi concretizzavano tutto con il debutto. Era quasi come un’ accademia vera e propria. Quindi nel Teatro Vespasiano di Rieti, durante la finale, serata di gala con orchestra,  verranno assegnati tre premi alla carriera. Sono molto contento di avere sul podio insieme con me il maestro Roberto Gabbiani , famoso maestro di coro, e il tenore Vittorio Terranova, celebre cantante che adesso, come me, si occupa di didattica.

Oggi festeggi il tuo compleanno. È un giorno di riflessione e bilanci? 

Tutto questo per me rappresenta un dono, un regalo dell’universo che arriva proprio a compimento dei miei 60 anni.

Una cosa che da un lato mi riempie di gioia e dall’altro mi colma  di responsabilità verso i giovani che rappresentano ed incarnano davvero la visione del  futuro .

Ed alla fine mi piace fare una riflessione: il vocal coach, o il maestro di canto, vale ben poco.

Il vocal coach può dare solo un piccolo apporto a queste persone che sono state predestinate a fare un percorso così bello.

Non si nasce vocal coach ma si nasce grandi cantanti, sono loro gli artisti veri in palcoscenico che ci donano le grandi emozioni della musica.

Si capisce da ciò che dici che il premio alla carriera per te non è un traguardo ma un punto di partenza.

Anche qui ritorno al buddismo:  il passato è passato, il futuro ancora deve venire, ma bisogna vivere, riflettere, e godere  il presente per proiettare bene il futuro.  È nel presente, che è sempre una benedizione, che troviamo i germi del futuro . E chissà, magari sarà l’inizio della mia nona vita.

Loredana Atzei

Photo©Iannone-DiMeglio-Battiniello-Montanelli

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