Traviata a Palermo: una scelta “Liberty”

Ruth Iniesta al debutto nel ruolo di Violetta in Traviata di G. Verdi al Teatro Massimo di Palermo

 

 

Lui solo amar vogl’io”, disse Violetta con tutta la forza del suo cuore. Non è bastato. La società aveva fatto di lei una delle più famose cortigiane dei suoi tempi. Poi l’ha giudicata e accusata in poche battute attraverso l’ennesimo padre borghese che deve salvare la famigliola perfetta. Violetta è costretta a rinunciare all’amore. Ne viene privata. Poi perde onore e dignità proprio per mano del suo amato che vede il tradimento laddove vi era solo sacrificio d’amore. E quel severo Dio a cui lei, infine, si rivolge recide la “Violetta” più bella del suo giardino mandandole malattia e morte. Ma a dispetto di tutti Giuseppe Verdi la incorona fra i fiori di un’eterna primavera. Lui si che l’ha amata la sua Violetta!

Il compositore, da un lontano ed attuale Ottocento, riempie un calice di note, melodie, frasi musicali, arie, intuizioni geniali e lo porge alla sua Violetta. E, nel celebrare il cuore di tutte le donne innamorate che lottano senza averne le forze, lascia che Violetta beva dalle sue mani. E, attraverso questo gesto rituale, ne dipinge il carattere e il coraggio scrivendo un’ Opera Lirica che tutti riconoscono, a distanza di due secoli! Per questo motivo mettere in scena “La Traviata” è come affrontare il mare aperto. Affascinante e rischioso.

Traviata a Palermo-ph © rosellina garbo 2019

Si cimenta nell’impresa il Teatro Massimo di Palermo rappresentando la celebre opera fino al 27 settembre. La prima recita del 13 ha svelato le scelte di regia con scene e costumi in stile Liberty. Dai complementi d’arredo alle scenografie di ampio respiro, dalle perle al collo alle piume in testa: tutto ci riporta nel primo ventennio del Novecento. Uno spettacolo elegantissimo reso tale dai costumi di Francesco Zito e dalle scene, sempre sue curate insieme ad Antonella Conte. La Violetta “liberty” di Mario Pontiggia e Angelica Dettori, tuttavia, non aggiunge nessun gesto speciale a quelli consueti cui ci si attiene di solito.

Ruth Iniesta
Ruth Iniesta

Ruth Iniesta, infatti, si comporta come la più tradizionale delle Violette. E lo fa bene. Si innamora, si dispera e mette energia in ogni gesto. Una bella presenza scenica che, con il “Grand Dio morir si giovane” del terzo atto, alza la posta in gioco e spiega l’intera forza della sua voce. Un bel debutto nel ruolo per la cantante spagnola che a tratti ha, però, qualcosa di eccessivo nel suo vibrato. Un ruolo per il quale promette già di dare vocalmente ancora di più.

Francesco Castoro Ruth Iniesta ©Franco Lannino IMG_3810
Francesco Castoro e Ruth Iniesta

Nel ruolo di Alfredo Germont ha cantato Francesco Castoro. C’è stata enfasi e trasporto nella sua presenza scenica ma, la stessa, si traduceva nella spiacevole sensazione di chiudere in fretta ogni frase. Quasi un voler anticipare con ansia ogni aria, ogni passaggio; una voce che non risulta pienamente appoggiata e timbrata come richiederebbe il ruolo, in particolar modo nel registro acuto.

Simone Del Savio
Simone Del Savio

Bellissima l’interpretazione di Simone Del Savio, il baritono che ha interpretato Giorgio Germont. Una voce piena, calda, matura e completa che, insieme ad una gestualità convincente e autorevole ha permesso di godere a pieno del ruolo verdiano. Abbastanza modesti i comprimari interpretati da Carlotta Vichi nelle vesti di Flora Bervoix, Pietro Picone in Gastone, Alessio Averna nel Marchese d’Obigny, Alessandro Abis nel dottore Grenvil, Francesco Polizzi in Giuseppe.

Fra tutti emergono Piera Bivona in Annina e Antonio Barbagallo (nei ruoli del Domestico di Flora e Un Commissario) il quale irrompe con la sua voce pulita e forte su tutto il coro e i protagonisti intenti nel gioco d’azzardo del secondo atto nella dodicesima scena. La conduzione del Direttore Alberto Maniaci si sofferma sulla partitura con grande cura e tradizione. Misurato il trasporto dei violini e il ritmo dell’intera orchestra che, pur nella sua grande capacità, non ha trasmesso stavolta quel pathos lacerante che le melodie di quest’opera impongono. Solo nei momenti corali i forti riuscivano a coinvolgere di più lo spettatore.

Traviata-ph © rosellina garbo 2019

Un’unica possente voce è quella del Coro del Teatro Massimo sotto la direzione di Ciro Visco. Gaetano La Mantia e Monica Piazza hanno ballato come Matador e la Zingarella, occupando quasi l’intera scena della festa a casa di Flora con la bella coreografia di Giuseppe Bonanno. Efficaci le luci di Bruno Ciulli che hanno sottolineato “luci ed ombre” di una storia che non smetterà mai di ripetersi, sul palco e fuori, per strada.

 

Donata Musumeci

La recensione si riferisce alla prima del 13 Settembre 2019

Photo©Garbo; ©FrancoLannino

 

Ruth Iniesta Simone Del Savio ©Franco Lannino IMG_3716

Traviata-ph © rosellina garbo 2019

Ruth Iniesta ©Franco Lannino IMG_3855

Traviata-ph © rosellina garbo 2019

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