Giacomo Prestia: “Avere la coscienza di Cantante”. Intervista esclusiva

Lo scorso 16 aprile a Firenze, Maurizio Parisi e Alessandro Ceccarini hanno incontrato il basso Giacomo Prestia. A voi la loro bella ed interessante chiacchierata.

 

di Maurizio Parisi e Alessandro Ceccarini

Firenze, 16 Aprile 2019

Maestro quali sono stati i suoi esordi? 

I miei esordi come cantante sono stati nel 1987 all’Arena di Verona in qualità di artista del coro. Poi continuai nel coro di Firenze fino a gennaio 1992 con sporadiche escursioni nei teatri di Parma, Fidenza e Lucca per parti di comprimario. Nel ’92 appunto fui preso poi sotto l’ala protettrice della Signora Adua Pavarotti e cominciai così la carriera di solista.

Qual è il ruolo che avrebbe voluto interpretare fin da ragazzo?

Ne avevo diversi in mente specialmente quando ancora non avevo del tutto lasciato la voce adolescenziale. All’epoca avevo nelle corde la capacità di salire a note che poi con la crescita sono diventate le 20 cime degli 8000 tibetani. E così mi piaceva Figaro del Barbiere e Gianni Schicchi. Poi con la crescita ho dovuto mirare a quote inferiori: Mefistofele di Boito, Mephistofele di Gounod, Filippo II, Fiesco e Boris.

Quali sono le qualità necessarie per essere un cantante lirico?

Mi sembra ovvio che ci voglia una particolarità senza la quale niente è possibile: la voce. Poi ci vuole la salute e non mi riferisco a quella fisica in generale ma a quella vocale suscettibile oltre che dalle banali quanto inevitabili influenze stagionali, anche a quelle dovute ad una cattiva alimentazione che porta ad avere problemi di reflusso che il più delle volte vedono l’improvvisa caduta libera nel buio. Quindi per me c’è stata molta perseveranza a seguire queste che in apparenza sembrano ovvietà ma che non lo sono per niente. E per ultimo ma non meno importante avere la costanza di mettersi sempre in discussione, rivedendo i vizi che si possono assumere strada facendo e affidarsi a maestri di canto (che abbiano coscienza di ciò che insegnano evitando che i propri allievi scimmiottino la loro vocalità) e studiare, studiare e studiare fino a quando non si decide di tirare i remi in barca….e farlo una volta per tutte!

E un ottimo interprete?

Un ottimo interprete significa avere un grado di cultura generale elevato e soprattutto mai limitarsi a cantare senza capire ciò che l’autore ha pensato riguardo il personaggio. Leggere la parte dal punto di vista della drammaturgia, approfondirla specie se si tratta di personaggi storici e capire che sempre la forza interpretativa è un mix di potenza delle parole e delle note scritte dal compositore dettate dal libretto affidato a fior fior di poeti e uomini di cultura di quelle epoche.

Giacomo PrestiaIl repertorio che ha affrontato è molto vasto, l’opera che ha cantato più volentieri e perché?

L’opera che ho cantato di più in assoluto è Aida. Per Ramfis la parte non è proprio di molta soddisfazione ma il contesto e tante pagine (mi riferisco a quelle non affidate al basso) sono di una bellezza straordinaria. Come non commuoversi con la scena della morte della protagonista e del suo amato?

La sua opera preferita?

Simon Boccanegra, ma non per il ruolo di Fiesco quanto per l’emozione che l’opera dà. È l’opera degli addii e dei rincontri, l’opera che vede volgere l’odio atavico dovuto alle vicissitudini dei protagonisti mossi anche da questioni politiche fortemente contrastanti. Il tutto condito da suoni onomatopeici che ti trasportano sulle rive del mar Ligure e sulla grande repubblica marinara. Come personaggio amo moltissimo Fiesco ma ovviamente la mia preferenza la devo dare a Filippo II…banale? Forse sì ma è la verità.

 

Il compositore che secondo lei ha scritto meglio per il registro di basso?

C’è da chiederlo? Verdi e solo lui. Certo che mi sentirei stupido nel mentire riguardo al fatto che mi son ritrovato più volte a far l’occhiolino a Bellini, Donizetti, Gounod e altri.

Sappiamo, Maestro, che il suo atteggiamento verso le nuove generazioni è molto attento e con la sua opera di rappresentanza artistica ha dato e dà la possibilità a molti giovani molto interessanti di entrare in arte e di intraprendere una bella carriera. Quale futuro pensa ci sia per le nuove generazioni, in particolare per i giovani artisti italiani?

La lirica segue l’andamento del mondo attuale caratterizzato da “l’usa e getta”. I ragazzi di oggi hanno fretta e credono che con il talento naturale possono tranquillamente affrontare i palcoscenici. Se penso ai giovani di 20-21 o 22 anni rabbrividisco perché sebbene possano avere alle spalle buoni insegnanti non possono aver sviluppato una tecnica tale da dire di “AVERE LA COSCIENZA DI CANTANTE”. E così sempre più assistiamo ad ascese fulminee e altrettante discese. Lo star system imposto dai teatri è la ciliegina sulla torta per vedere i declini di queste giovani leve.

Giacomo Prestia_Don_Carlo

Cosa significa insegnare canto?

Tramandare ciò che uno ha imparato con il suo insegnante e nella sua professione. Non sempre si trovano in grandi interpreti anche grandi insegnanti. Per esperienza personale posso dire che solo chi ha sofferto per arrivare a fare 30-40 anni di carriera ha la facoltà di far capire cosa succede nello strumento che è nascosto nel corpo. Avere anche nozioni di anatomia umana aiuta a capire come far funzionare al meglio una laringe.

Si affidano alle sue cure di insegnante esperto e di grande valore alcuni artisti in carriera tra cui il baritono Simone Piazzola. Come si cura una voce? Come si mantiene una voce in salute?

Ripeto il concetto detto prima: studiare, studiare, studiare e mettersi sempre in discussione.

Giacomo Prestia e Simone Piazzola
Giacomo Prestia e Simone Piazzola

Abbiamo detto studia con lei il baritono Simone Piazzola. Da quanto tempo vi conoscete? E’ sicuramente gratificante avere un elemento così importante da seguire, quale lavoro e soprattutto in cosa consiste la preparazione vocale di un artista così in carriera?

Simone lo conosco dal 2008 circa…non ricordo esattamente. Lavoriamo sulla sua voce da circa tre anni. È gratificante avere un elemento così, certo che lo è. Ma con lui bastano poche parole e al livello in cui si trova è molto facile per me insegnare e per lui capire. La cosa cambia quando mi arrivano allievi distrutti sia vocalmente che psicologicamente; gente passata nelle mani di chi ha l’ardire di insegnare canto senza mai essere neanche stato mai in palcoscenico. Non so come si possa dormire sonni tranquilli senza farsi mai un’analisi di coscienza, asserendo concetti che gli sono completamente ignoti.

Quali sono i suoi progetti futuri e i suoi sogni nel cassetto?

Finire la mia carriera decorosamente e dare consigli buoni per le giovani leve. Tutto qui.

 

Grazie Maestro Prestia per il tempo che ci ha dedicato!

 

Successo per Simone Piazzola in Traviata allo Staatsopera di Amburgo

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