Venezia: un Macbeth alternativo di successo inaugura la stagione

Il Macbeth di G. Verdi, con la regia di Michieletto in bianco e nero, convince il pubblico  della Fenice di Venezia per il primo titolo della stagione lirica 18/19.

di Salvatore Margarone

Macbeth è uno dei massimi capolavori di Giuseppe Verdi. Tratto dall’omonima tragedia di William Shakspeare, il genio di Busseto fonde in un connubio indissolubile la sua musica con gli stati d’animo e psichici dell’essere umano.

Proprio in Macbeth infatti emerge la fragilità della mente umana ed anche quella parte oscura della stessa che porta l’essere umano a commettere estremi azioni.

È quello che accade nella storia di Macbeth e della sua Lady, entrambi logorati dal dolore e dall’insana vita che conducono, il primo soggiogato dalla sanguinaria sete di potere della seconda al punto da far sfociare tutto nella tragedia, che sin dall’inizio dell’opera si presagisce. L’incontro di Macbeth con le streghe, a cui si rivolge per trovare risposte e conforto, non lascia dubbi sul futuro nefasto che si abbatterà in famiglia. La sottomissione alla moglie è palese: egli non ha le forze per ritrovare pace e serenità attraverso un discendente, tanto da accanirsi sui figli maschi altrui, e non solo.

Dei due è Lady Macbeth la più spietata, manipolatrice del marito, che costringe ad orrende azioni. È feroce la sua ira, è subdola, e con il suo delirante pensiero manovra tutti per raggiungere il suo scopo.

Sangue e vendetta, dunque, alla base di questa tragedia che però, nella messa in scena di Damiano Michieletto a cui è stata affidata la regia, cambia tinte trasformandosi nei due colori fondamentali: il bianco ed il nero.

Tanti i riferimenti simbolici sulla scena, che rimandano lo spettatore ai ricordi dell’infanzia dei protagonisti, come le altalene, i palloncini, il triciclo, gli orsacchiotti di peluche; semplici ed essenziali le scenografie di Paolo Fantin, che risultano però funzionali allo scopo, insieme agli appropriati costumi curati da Carla Teti. Il tutto è sapientemente contornato dalle luci di Fabio Barettin e dai movimenti coreografici di Chiara Vecchi.

Macbeth

Certo, a primo impatto non è facilissima la comprensione degli obiettivi e la lettura psicologica che Michieletto porta in scena: un po’ contorta, a volte contrastante, ma ricercata e dai risvolti impressionanti.

In palcoscenico ottimo il cast, in cui è emerso sicuramente il Macbeth di Luca Salsi. Sicuro, bel colore di voce, con una interpretazione di altissimo livello Salsi si conferma come uno dei migliori interpreti di questo ruolo. Sempre attento alla parola, è risultato molto incisivo nell’enfatizzare  la logorante frustrazione scaturita nel tentativo di assecondare il volere di Lady Macbeth.

Macbeth

A parte qualche piccola incertezza iniziale, Vittoria Yeo ha interpretato una eccellente Lady Macbeth, sprezzante sugli acuti e ben controllata nel centro della voce. Lodevoli anche le agilità e omogeneo il range vocale del giovane soprano, che supera brillantemente il suo ingresso in scena  con Nel dì della vittoria io le incontrai, e conclude nel IV atto con Una macchia, la scena del sonnambulismo, che nulla ha da invidiare ad altre interpreti. Vittoria ha dimostrato quindi che, con una buona e salda tecnica vocale, si possono affrontare ruoli sul palcoscenico che mettono a dura prova qualsiasi cantante.

Stefano Secco è Macduff: squillo e voce non mancano, ed anche la presenza scenica è notevole. Valente nel complesso la sua performance, confermata da una elegante Ah, la paterna mano, che ha saputo calibrare con professionalità, garbo e stile pur essendo stata staccata molto lenta dal direttore. Bravo!

Macbeth

Si conferma ancora una volta un pregevole basso Simon Lim, nei panni di Banco. La voce è sempre rotonda ed omogenea e la dizione è curatissima, come anche l’interpretazione.

Qualche problema si è riscontrato invece in Marcello Nardis, nei panni di Malcolm, che non convince la platea in questo ruolo come figlio di Duncano, né vocalmente né scenicamente.

Bene invece Armando Gabba, nei panni del Medico, Elisabetta Martorana che ha interpretato la dama di Lady Macbeth, ed anche Giampaolo Baldin, il Sicario, Nicola Nalesso, Araldo, Enzo Borghetti, il domestico di Macbeth.

Passando al comparto musicale, possiamo affermare che se il maestro Myung-Whun Chung intendeva stupire in questa occasione, ci è riuscito benissimo.

La sua personalissima lettura della partitura si è distinta non solo per i tempi scelti, muovendosi tra tempi lenti e stacchi in velocità, ma anche sul fraseggio, ricercato e curato, così come le sonorità orchestrali che hanno toccato tutta la tavolozza dei colori timbrici di ogni singolo strumento. Ottimo debutto quindi in questo Macbeth per Chung, che è stato più volte acclamato dal pubblico per quello che ha saputo infondere musicalmente in questa nuova produzione del Teatro La Fenice.

Macbeth

Molto presente in scena il Coro del Teatro La Fenice, curato dal bravo Claudio Marino Moretti. Incisivi e scattanti, precisi ed intonatissimi, gli artisti del coro sono riusciti ad integrarsi perfettamente sulla scena, nonostante l’impaccio dovuto dalla costante presenza fisica e piuttosto rumorosa di tanti teli di plastica imposti dalla scenografia.

Molto bene anche i solisti dei Piccoli Cantori di Venezia che hanno sostenuto il ruolo delle Tre apparizioni.

Pieno successo dunque per la seconda recita di Macbeth, confermato dal pubblico entusiasta che ha continuato ad applaudire a scena ormai chiusa cantanti, direttore, regia, scene e costumi e dileguando così le ombre, forse un po’ pilotate, della prima recita.

Macbeth

Photo©MicheleCrosera

La recensione si riferisce alla recita del 25 Novembre 2018

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