PLACIDO DOMINGO INAUGURA IL FESTIVAL DONIZETTI OPERA 2020

BELISARIO INAUGURA IL FESTIVAL DONIZETTI OPERA 2020
E RIPORTA L’OPERA NEL RESTAURATO TEATRO DONIZETTI
 
PROTAGONISTA PLACIDO DOMINGO
SUL PODIO RICCARDO FRIZZA E UN CAST DI GRANDI INTERPRETI
 
Il festival bergamasco si svolgerà al Teatro Donizetti e al Teatro Sociale
dal 19 novembre al 6 dicembre 2020

La sesta edizione del Donizetti Opera, festival internazionale dedicato al compositore bergamasco –organizzato dalla Fondazione Teatro Donizetti e affidato alla direzione artistica di Francesco Micheli e a quella musicale di Riccardo Frizza– segna il definitivo ritorno della lirica al Teatro Donizetti. L’edificio riaprirà nell’autunno 2020 completamente restaurato,dopo l’indimenticabile esperienza nel 2019 con l’opera riscoperta L’ange de Nisida messa in scena in prima mondiale negli spazi del cantiere.
«La via verso la riapertura del Teatro Donizetti completamente restaurato– afferma il presidente Giorgio Berta – è ormai tracciata: la Fondazione presenterà a breve, in sinergia con l’amministrazione comunale, il programma completo delle attività pensate per l’occasione che coinvolgeranno tutte le anime della nostra programmazione e, speriamo, il più alto numero di bergamaschi. Nel frattempo ci concentriamo ancora una volta sul nostro compositore cittadino e dopo le emozioni indimenticabili provate per L’Ange de Nisida dello scorso novembre, guardiamo adesso verso il prossimo festival che si preannuncia davvero imperdibile, con un programma che fino a qualche anno fa era impensabile e che si realizzerà grazie alla direzione artistica di Francesco Micheli, quella musicale di Riccardo Frizza e di tutto lo staff che segue il festival. Un prezioso lavoro di squadra che prenderà vita nel Teatro restaurato, grazie all’impegno di importanti realtà produttive bergamasche che ci auguriamo continueranno a starci accanto e a sostenere le attività di spettacolo».

Il festival Donizetti Opera 2020 si svolgerà a Bergamo “Città di Gaetano Donizetti” dal 19 novembre al 6 dicembre, e si aprirà con una serata di Gala, giovedì 19 novembre alle ore 20: in programma un’opera in forma di concerto,Belisario (Venezia, 1836 – edizione critica di Ottavio Sbragia); protagonista nel ruolo del titolo Placido Domingo che, conquistato da Bergamo e dal festival dedicato al compositore cittadino, ha scelto di debuttarvi un nuovo personaggio. Sul podio per questa occasione imperdibile il direttore musicale Riccardo Frizza, accanto al quale si riunirà un cast d’eccezione composto da Simon LimDavinia RodriguezAnnalisa Stroppa Celso Albelo. Belisario sarà in replica giovedì 26 novembre, sempre alle ore 20.
«Cari amici – scrive Placido Domingo da Berlino dove in questi giorni è impegnato nella Traviata – sono felice di debuttare il mio primo ruolo donizettiano come baritono e mi dà tanta gioia farlo proprio nella città natale di Gaetano Donizetti. Non ho mai cantato a Bergamo e sarà un onore per me partecipare alle celebrazioni per la riapertura del Teatro Donizetti, interpretando Belisario. Arrivederci a presto»
«È dal mio arrivo a Bergamo – sottolinea Francesco Micheli – che lavoriamo dedicando tanto tempo ed energia affinché Gaetano diventi sempre più un vero concittadino, tornando quanto prima a casa sua. Al Teatro Donizetti, che sarà bellissimo.Un’occasione così attesa merita una festa degna di lui, Belisario, opera matura e densissima in un’edizione che è già storica!».
 
«Sono molto orgoglioso di poter salire sul podio del Teatro Donizetti– dichiara Riccardo Frizza – per dirigere un’opera del nostro Gaetano in occasione della riapertura. Fare tutto ciò avendo come protagonista un artista e un uomo al quale sono molto legato e che è inoltre un mito, accresce ancora di più l’emozione: è grazie a Placido Domingo, quando era direttore generale della Washington National Opera, che ho debuttato negli Stati Uniti e sono molto felice che adesso le nostre strade si rincontrino qui a Bergamo».
 
La programmazione del festival 2020 prosegue con altri due titoli operistici in scena sempre al Teatro Donizetti, accomunati dall’essere stati scritti per la scena parigina: l’opéra-comique La fille du régiment (20 e 28 novembre, 3 dicembre; anteprima under30 il 17 novembre) quindi l’azione tragica Marino Faliero (in scena al Teatro Donizetti 21 e 27 novembre, 6 dicembre; anteprima under30 il 18 novembre).
La fille du régiment sarà presentata secondo la nuova edizione critica a cura di Claudio Toscani per Casa Ricordi nell’ambito dell’Edizione Nazionale, realizzata con la collaborazione e il contributo del Comune di Bergamo e della Fondazione Teatro Donizetti, mentre Marino Faliero sarà nell’edizione critica di Maria Chiara Bertieri per la Fondazione Donizetti.
Al Teatro Sociale prosegue invece il ciclo #donizetti200 – la messa in scena ogni anno di un’opera di Donizetti che compie due secoli – con il dramma buffo Le nozze in villa (Treviso, 1820) nell’edizione critica di Edoardo Cavalli e Maria Chiara Bertieri (22 e 29 novembre, 5 dicembre; anteprima under30 il 19 novembre), un lavoro poco noto che è giunto a noi attraverso un’unica partitura superstite, non autografa e purtroppo incompleta, senza testimonianze dirette della prima esecuzione.
 
Nell’anno del 250° anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven non poteva mancare anche l’omaggio di Bergamo al grande compositore tedesco: l’occasione è data dal dramma in un atto L’amor coniugale (Teatro Sociale, venerdì 4 dicembre, in forma di concerto) con musica di Giovanni Simone Mayr e libretto di Gaetano Rossi basato su Léonore, ou L’amour conjugal di Jean-Nicolas Bouillyalla base anche del libretto del Fidelio di Beethoven, messo in musica sempre nel 1805.
 
Fondamentale nella stesura del programma festivaliero l’attività di studio e ricerca sull’eredità e la codifica dell’identità musicale operistica di Donizetti, affidata alle cure della sezione scientifica della Fondazione Teatro Donizetti, diretta da Paolo Fabbri.
 
Il festival Donizetti Opera 2020 si presenta così nel suo assetto definitivo con tre opere in forma scenica (due al Donizetti e una al Sociale) più altri due titoli in forma di concerto, sviluppandosi nell’arco di tre settimane complete e consolidando la formula degli spettacoli nei fine settimana intorno al Dies natalis (29 novembre), scelta apprezzata dal pubblico che può raggiungere la città natale del compositore da tutto il mondo grazie all’aeroporto di Milano Bergamo, per nuovi e sempre più cospicui obiettivi di presenze (nel 2019 sono state superato le 10.000 unità). Prossimamente sarà presentato il programma complessivo che come sempre comprende anche prove aperte per gli under30, spettacoli per bambini, concerti da camera, musica sacra,etc. e le locandine complete.

 

Le opere in scena

Prosegue il progetto #Donizetti200 con Le nozze in villa, «dramma buffo» non poco problematico. Lo conosciamo grazie ad un’unica partitura superstite, non autografa e purtroppo incompleta (manca un Quintetto nell’Atto II); non ci è giunto nessun libretto stampato in occasione del suo debutto; mancano testimonianze dirette della sua prima esecuzione. Indirettamente è possibile però indicare luogo e anno del debutto (Mantova, carnevale 1819), conoscerne l’esito (deludente: il primo fiasco del giovane compositore), ipotizzarne un rifacimento e una ripresentazione (Treviso, primavera 1820). Come per le precedenti Enrico di Borgogna e Una follia, anche per questa sua terza opera teatrale Donizetti ebbe come librettista il bergamasco Bartolomeo Merelli, che trasformò in opera buffa una commedia del 1803 di August von Kotzebue a suo tempo tradotta in italiano col titolo I provinciali. Ecco così la coppia di giovani innamorati alle prese con un padre caricaturalmente tronfio, e un promesso sposo non meno esageratamente ridicolo, nei modi di una comicità smaccata e intenzionalmente sopra le righe. Secondo la testimonianza di un suo vecchio compagno di scuola, fu all’epoca delle Nozze in villa che Donizetti si persuase della «necessità di attaccarsi al genio Rossiniano per secondare il gusto della giornata» e affermarsi come operista: solo a quel punto avrebbe pensato a «slanciarsi a modo suo».

Risalenti invece alla piena maturità compositiva di Donizetti, Marino Faliero e La fille du régiment si potrebbero considerare per certi versi sorelle. Entrambe scritte per Parigi, Marino Faliero fu composta espressamente per la capitale francese (1835) quando Donizetti vi mise piede per la prima volta. La fille du régiment, invece, fu la prima opera nuova di Donizetti in lingua francese ad essere rappresentata a Parigi (1840) quando il compositore decise di trasferirsi in Francia. Tra l’una e l’altra ci sono però evidenti differenze. Alla sua prima esperienza all’estero, e addirittura nella maggior capitale teatrale europea, Donizetti fu chiamato a rappresentare ‒ insieme con Bellini ‒ la generazione dei giovani compositori italiani di successo. Al Théâtre Italien, di cui Rossini era di fatto il consulente musicale, essi presentarono rispettivamente Marino Faliero e I Puritani, due opere nelle quali le componenti politiche sono fortemente presenti. A Parigi avevano trovato ospitalità parecchi profughi italiani, di fede mazziniana, e i cartelloni del Théâtre Italien rispecchiavano anche questa immagine d’Italianità: nel 1834 vi avevano debuttato il libertario Ernani di Gabussie Il bravo del carbonaro milanese Marliani; l’anno dopo, due esuli mazziniani come Agostino Ruffini e Carlo Pepoli furono coinvolti nella stesura dei libretti l’uno di Marino Faliero, l’altro di I Puritani. Partitura ricca ed elaborata, ribelli che affrontano eroicamente il martirio, grandi pagine collettive e corali (il Popolo): non stupisce che Marino Faliero sia stata opera prediletta da Giuseppe Mazzini, che vi vide il primo passo verso un teatro musicale impegnato, in grado di proporsi come grande palestra educativa per il riscatto degli Italiani.

Tutta diversa La fille du régiment, «opéra-comique» cantata e parlata, in lingua francese, commedia brillante d’ambientazione militare non priva di fiammate patriottiche, sempre però nei modi di uno stile leggero e frizzante. Non solo Donizetti si cimentava col repertorio francese, ma si dimostrava perfettamente a suo agio in quei panni, naturalizzato parigino in un batter d’occhio, disinvoltamente boulevardier quasi fosse cresciuto a baguettes e calvados. Di lì a poco erano previste due sue opere al Théâtre de la Renaissance (L’ange de Nisida, Elisabeth: progetti abortiti causa fallimento dell’impresa), e un’altra all’Opéra (Lesmartyrs). Insomma, c’era di che fare infuriare i colleghi francesi, che vedevano un italiano andare ben al di là dei recinti tradizionali degli spettacoli in lingua italiana che si tenevano sul palcoscenico del Théâtre Italien. Pur in un contesto di forme e modi tipicamente parigini, La fille du régiment racchiude anche pagine ispirate a una vena patetica propria della miglior tradizione semiseria italiana, e che non possono non ricordare i languori di Nemorino.

Tra l’uno e l’altro soggiorno parigino, Belisario (1836) segnò il ritorno di Donizetti a Venezia, dandogli occasione «di rivedere la città, dove o bene, o male incominciai la musicale carriera», come osservò lui stesso. Un amico che non lo vedeva dai tempi di Pietro il Grande (da 16 anni, quindi) lo trovò «bello e robusto forse più di allora». Non era diventato tale solo di corporatura. Dall’epoca di quelle sue prime esperienze, compiute nel genere comico e sotto l’influsso rossiniano, aveva acquisito un suo stile, al passo coi tempi nuovi e dunque specie in ambito serio: anzi, in drammi a forti tinte, romantica o classica che fosse la materia sceneggiata. E «tragedia lirica» è Belisario, su un libretto molto apprezzato di Salvadore Cammarano, denso di passioni e situazioni che hanno radici nel grande patrimonio classico, riecheggiando le traversie di Edipo e le cupe vicende famigliari degli Atridi. A colpire fu, in modo particolare, proprio la parte del protagonista, come scrisse un recensore: «interessantissima per il pubblico, commovente e di tutta espressione e sentimento», parabola di un eroe che precipita dal trionfo alla rovina senza smarrire quella grandezza d’animo che lo porterà al finale, tragico riscatto.

Una moglie che, per salvare il marito ingiustamente carcerato e ridotto in fin di vita, riesce a penetrare nella prigione spacciandosi per uomo e affrontando eroicamente il suo aguzzino. È questo il cuore palpitante della pièce di Jean-Nicolas Bouilly Léonore ou L’amourconjugal che, coi siparietti musicali di Pierre Gaveaux, aveva debuttato a Parigi l’anno VI della neonata Repubblica Francese. Era un soggetto affascinante, subito assimilato dal teatro musicale italiano (Leonora, ossia L’amor coniugale di Ferdinando Paër, Dresda 1804) e tedesco (Leonore di Beethoven, Vienna 1805 e 1806, e infine 1814 ma re intitolato Fidelio). Nel frattempo anche Simone Mayr, nel pieno della sua carriera teatrale, ne aveva posto in musica una versione, preparatagli dal librettista Gaetano Rossi: L’amor coniugale (Padova, estate 1805), «dramma di sentimento in un atto». Ambientata in una Spagna feudale, la vicenda sceneggiata da Bouillye fatta propria da Paër e Beethoven portava in scena una persecuzione politica locale cui pone fine l’intervento del buon sovrano, ignaro della malvagità di quel suo vassallo. Nell’opera di Rossi e Mayr, trasportata in una Polonia non meno ‘barbara’, il prigioniero è più semplicemente soltanto un rivale in amore dello spietato signorotto del luogo. Per quanto depoliticizzato, il soggetto presenta le medesime dinamiche e le stesse situazioni del suo modello letterario, compresa la drammatica scena della prigione in cui Leonora, rivelata la sua vera identità, punta una pistola contro lo scellerato. Anche se non a temperature così incandescenti, era un filone di patetismo che Rossi e Mayr avevano saggiato anche l’anno prima nel «dramma sentimentale in un atto» Elisa (Venezia, 1804), il cui successo doveva averli convinti che il pubblico si appassionava sempre più a storie di quel tipo, di gran moda nel teatro francese.

 

                                                                                                                                                            Paolo Fabbri

 

 

Il festival Donizetti Opera, è organizzato dalla Fondazione Teatro Donizetti e dal Comune di Bergamo con il sostegno di Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Fondazione Cariplo, Regione Lombardia, SACBO, Camera di Commercio di Bergamo; in collaborazione con Conservatorio Gaetano Donizetti, Fondazione Mia, Opera Europa, Atb; con il contributo di ABenergie, la luce della Donizetti Night, San Lucio Events; media partner Classica; sponsor tecnici NT Next, Cavalli Musica, Fidelitas;charity partner Stucchi S.p.A.

Un ringraziamento speciale a UBI Banca e agli Ambasciatori di Donizetti che sostengono l’attività della Fondazione con Art bonus: Assolari Luigi & C. • Automha • Beauty & Business • Calvi Holding • Caseificio Defendi Luigi • FraMar • Granulati Zanobbio • Ambrosini Holding • Intertrasport • Lovato Electric • Montello • Neodecortech • OMB Valves • F.lli Pellegrini • Persico S.p.A. • PM Plastic Materials • Punto Azzurro • Stucchi S.p.A. • Tenaris Dalmine.

www.gaetanodonizetti.org / info@fondazioneteatrodonizetti.org

Biglietteria della Fondazione Teatro Donizetti presso i Propilei di Porta Nuova.

Largo Porta Nuova, 17 – Bergamo T. 035 4160601/602/603; da martedì a sabato, ore 13-20

Gli uffici del Donizetti Opera hanno sede presso Piazza Vecchia 8 (Casa Suardi) Bergamo

Per informazioni e dettagli sugli spettacoli: tel. 0354160613

 

Photo©PedroWalker

Comunicato stampa del 21 gennaio 2020

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