L’Espressionismo in musica: verso i confini della tonalità

di Salvatore Margarone

L’arte musicale, in quanto tale, racchiude in sé un mondo che abbraccia non solo la musica ma, anche e soprattutto, la Letteratura, la Filosofia e tutti gli ambiti ad esse correlate.

Questo per far capire che si tratta di una materia molto complessa, dai mille colori e ricca di sfumature, che ha avuto da sempre un’evoluzione sia oggettiva che soggettiva.

Per più di 600 anni si è composta  musica utilizzando quegli schemi teorici che ancora, fino ad oggi, sono alla base della teoria musicale.

Facendo un balzo in avanti nel tempo, si arriva al XIX e al XX secolo, periodo questo di veri cambiamenti intimi della musica, nel quale si è passati dal Classicismo al Romanticismo, e si è  approdati dall’Impressionismo all’Espressionismo. Su quest’ultimo periodo storico ci soffermiamo per comprenderne a fondo le caratteristiche.

Espressionismo è un termine nato nell’ambito della critica d’arte agli inizi del ‘900. Con questo termine si indica oggi un vasto movimento, che prese corpo in Germania tra il primo decennio del secolo da poco trascorso ed il 1918, ma che si protrasse fino agli anni a cavallo delle due guerre e che interessò tutte le arti dando così origine a diverse correnti, alcune di origine mistico-teosofica, altre di carattere politico-sociale, ma tutte unite, comunque, da un denominatore comune, quello del radicalismo umanitario.

Gli espressionisti si ribellavano soprattutto al materialismo della borghesia capitalistica e liberale, aspiravano al ritorno dell’uomo primigenio e all’avvento di un’umanità libera e più consapevole delle proprie possibilità, ma nonostante l’altezza dei loro ideali, non riuscirono a convogliare il loro sentimento di disagio della civiltà e la loro ribellione in un chiaro ed unico indirizzo ideologico.

L’Espressionismo, nelle arti figurative, inizialmente si manifestò ponendosi in antitesi col naturalismo e con le concezioni tecnico-formali dell’impressionismo, alla cui soggettività contrapponeva un esasperato soggettivismo.

Nel campo musicale, l’Espressionismo si individua principalmente nella cosiddetta “Scuola di Vienna”, formata da Schömberg, Berg e Webern i quali parteciparono  all’attività del gruppo Der blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), fondato dai pittori Marc e Kandinskij.

Schömberg contribuì con un importante scritto sul nesso tra musica e testo e con la composizione di Herzgewächse, per soprano, celesta, organo e arpa; Berg con il suo primo pezzo atonale, una melodia per canto e pianoforte, l’op.2 n°4, Webern si aggregò partecipando anch’egli con un brano per voce e pianoforte atonale, l’ op. 4 n°5.

Da questa collaborazione si evince chiaramente che i tre musicisti si sentivano solidali con le ricerche figurative degli artisti espressionisti.

L’allontanamento dal dato naturalistico, postulato dalla poetica espressionista, condusse al graduale abbandono della tonalità, cioè da quel sistema in cui si era identificata la naturalità del mondo sonoro. La possibilità nuova di poter utilizzare  intervalli fuori dal sistema cosiddetto “temperato”,  come terze e seste di tono, era già stata teorizzata nel 1907 da un altro grande compositore, Ferruccio Busoni, nel suo “Saggio di una nuova estetica della musica”, le cui opere di quel periodo appaiono molto vicine a quelle della Scuola di Vienna.

Ma non solo, anche nel sistema temperato vi era la possibilità di superare quella “tonalità”, sovrapponendo intervalli di terza, da cui scaturirà l’atonalità.

Gli accordi per quarte vennero utilizzati da  Schömberg nelle sue opere del primo periodo espressionista, e non solo da lui. Anche Skrjabin, componendo Prometeo (1910) per orchestra, coro, pianoforte e “clavier à lumières”(strumento da lui ideato per trasformare i suoni in sequenze di luci) fu al centro delle attenzioni degli artisti del Blaue Reiter.

Le forme musicali di questo periodo sono brevi ed incisive, basti pensare ad alcuni brani del  Pierrot Lunaire (1912) per voce e pianoforte di  Schömberg, quelli per pianoforte e clarinetto op.5 di Berg e la gran parte dei lavori di Webern.

Nelle melodie di queste composizioni ciò che balza subito all’occhio sono i grandi salti di intervallo, in particolare quelli di settima e di nona.

A questo proposito si ricordano gli ampi intervalli assegnati al canto da Richard Strauss nelle opere scritte in questo periodo, specialmente Salomè (1905) ed Elektra (1909), le quali, pur spiritualmente estranee all’espressionismo, mediarono il passaggio dal dramma wagneriano a quello espressionista, esercitando un influsso diretto su Berg.

Anche altri autori svolsero un ruolo non trascurabile nel processo storico che portò alla Scuola di Vienna. Tra loro ricordiamo A. von Zemlinsky (che fu anche insegnante di  Schömberg), Bartòk, ed anche Hindemith.

Di questo periodo sono da ricordare opere  teatrali come il Wozzek e la Lulù di A. Berg, che saranno  considerate anche l’instradamento verso la dodecafonia da autori come: E. Krenek, W. Vogel e K. Weill, il quale legherà la sua fama soprattutto alla collaborazione con B. Becht.

Come si è potuto leggere, esistono stretti legami tra la musica e le altre arti, sia figurative che letterarie, le quali sono imprescindibili le une dalle altre, e che necessitano di un’ampia conoscenza per far comprendere a fondo un periodo storico musicale. Questa è una cosa sicuramente molto ardua, ma è necessaria per gustare a pieno le composizioni nate in questo periodo e che ancora oggi non vengono comprese dalla maggioranza del pubblico. Oggi, più che mai, si ha la necessità di operare un maggiore approfondimento delle conoscenze a 360 gradi per affrontare il così vasto mondo musicale, che può mandare in estasi al suo ascolto.

Soltanto se l’ascoltatore saprà carpirne l’essenza lo gusterà a fondo e potrà così stabilirne la sua grandezza.

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