Intervista ad Andrea Cigni, regista: la nuova generazione.

Abbiamo il piacere di pubblicare l’intervista che il musicologo Alessandro Ceccarini ha rivolto al regista Andrea Cigni. Un interessantissimo approfondimento della vita e dell’arte di un brillante regista impegnato ormai da anni in produzioni prestigiose in Italia e all’estero. Segretario artistico della Stagione d’Opera del Teatro Grande di Brescia, Cigni è anche docente presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Claudio Monteverdi” di Cremona.

Buona lettura a voi.

Brescia, sabato 9 settembre 2019

– Quali sono stati i suoi esordi? 

Sorvolando il periodo dell’infanzia, durante il quale avevo una mia piccola compagnia di teatro nel paese da cui provengo in Toscana, ho seguito la strada della Laurea a Bologna al DAMS. Affiancando a questo percorso una serie di esperienze da autodidatta per quanto riguarda la recitazione, l’espressività corporea, il mimo, la dizione. Il mondo della lirica l’ho conosciuto da piccolo con gli ascolti dei dischi e dei cd di Maria Callas (affiancandola a Pat Metheny – studiavo in modo amatoriale chitarra – risata – ) e dunque come mimo nelle opere anche per sostenermi gli studi. Da qui poi l’assistente alla regia, la direzione di scena in numerosi teatri e dunque i primi lavori firmati a partire dal 2006. Un percorso direi ricco, pieno di esperienze diversificate e molto formative. Tanta gavetta. Tanta. Ma anche la fortuna di aver conosciuto e lavorato davvero con grandi artisti ai quali ho “rubato” molto del mestiere. 

– Quale opera l’ha particolarmente ispirata? 

Sicuramente la prima fatta, con pochissimi mezzi, e che ancora è sulla copertina di un manuale di scenotecnica: Andromeda Liberata di Vivaldi. Ho sempre pensato ad un teatro capace di evocare, suggerire e poetizzare piuttosto che descrivere didascalicamente una situazione. E credo che Andromeda sia stato il punto di partenza, a cui sono seguiti allestimenti preziosi che hanno segnato il mio percorso. L’Orfeo di Monteverdi, La figlia del reggimento, La Traviata, Ernani, Tosca, Nabucco… fino all’ultimo Otello. 

 – E l’opera o meglio il sogno nel cassetto che vorrebbe mettere in scena? 

La Fanciulla del West di Puccini, Macbeth di Verdi, Il viaggio a Reims di Rossini che avrei dovuto fare a Pechino a novembre, ma anche un titolo belliniano per restare sui compositori italiani e Salomè di Strauss, Peter Grimes di Britten, pensando a compositori stranieri, mi affascinano molto. E infine, da buon livornese, Cavalleria Rusticana di Mascagni mi renderebbe felice. 

 – I contenuti di un’opera spesso vanno letti arrivando a una comprensione ampia del testo e del contesto storico in cui viene creata, la conoscenza dei caratteri e delle vite dei personaggi se realmente esistiti, come tradurre tutto questo in una nuova regia, quali strumenti un regista ha per rendere, pur rispettando l’equilibrio dei personaggi, più attuale lo svolgimento, lo sviluppo della trama?  

Innanzitutto credo che lo studio delle fonti e dei documenti legati a quel titolo sia fondamentale. La conoscenza di documenti anche marginalmente utili, spesso, in realtà può rappresentare un’importante fonte di ispirazione o addirittura la chiave di lettura generale di un’opera. La lettura del libretto unitamente all’ascolto della musica sono lo scoglio a cui attaccarsi quando si progetta un allestimento e si cercano idee. In teatro non si inventa nulla di nuovo. Lo si sa, tutto più o meno è stato detto e fatto, ma quando si crea qualcosa di originale non possiamo non mettere qualcosa di noi stessi, della nostra esperienza e della nostra cultura personale. L’ “attualità” o l’ “attualizzazione” di contenuti di un’opera lirica sono due cose diverse. L’opera può essere attuale senza essere attualizzata. E viceversa. Bisogna vedere piuttosto se il lavoro fatto dal regista, con la preziosa collaborazione ed empatia con scenografo, costumista e lighting designer, in realtà è coerente con quanto espresso e raccontato nell’opera stessa e nelle fonti da cui essa trae la propria drammaturgia e se oggetto di trasposizione temporale (anche attualizzata) questa può ’reggere’ o se invece diventa solo ’pretestuosa’ e in definitiva addirittura sbagliata nel trasmettere il messaggio che si desidera far arrivare allo spettatore. Il Teatro di per sé è spesso considerato un’arte effimera, in realtà non lo è per niente, è indispensabile e profondamente reale e duraturo: per questo secondo me lo spettatore si infervora nel giudizio, positivo o negativo che sia, dato al “teatro” stesso. Perché lo rappresenta. Gli equilibri sono molto delicati, così come i rapporti tra racconto, drammaturgia, interpretazione, musica. Per cui, operare scelte e prendere decisioni riguardo alla messinscena di un’opera è sempre un lavoro delicato e soggetto a numerose variabili, sia soggettive che oggettive. E dunque anche soggetto a critica e giudizio. Credo in definitiva si debba procedere sempre con umiltà nei confronti della musica, del libretto e delle fonti e a “servizio di”, piuttosto che pensare di essere noi stessi i referenti di un lavoro. Ovviamente rispettando e portando avanti un proprio lavoro di elaborazione e di ideazione che sia il più possibile originale. Si consideri sempre che operiamo soprattutto sulla sensibilità, sui sentimenti, su ciò che in realtà compone la naturale essenza dell’essere umano. 

Andrea Cigni - regista

 – Cosa significa essere regista di un’opera lirica?  

Significa tenere in considerazione tutti gli elementi che compongono l’opera lirica stessa. La musica, il testo, l’azione. Avendo cura che questi tre linguaggi comunicativi procedano insieme nella costruzione di senso che l’opera e, più in generale il teatro, richiedono. Significa confrontarsi quotidianamente con ciò che c’è stato, con ciò che l’opera lirica rappresenta nella cultura nazionale ma più generale dell’umanità, e proiettarsi verso un “futuro” dell’opera affinché questa non rischi di cristallizzarsi in un museo dell’opera stessa e diventare così essa stessa autoreferenziale e dunque inutile allo spettatore perché incapace di raccontarlo nel suo quotidiano.

– Sui social, in particolare Facebook, ha tenuto banco una discussione relativa all’uso, nella sua regia dell’Otello di Verdi a Trapani, di figuranti nudi in una breve scena dell’opera e su un teaser apparso su internet. Non le sembra che spesso ci sia una specie di hobby “alla critica” e che il peccato veniale di un osservatore distratto possa troppo facilmente generare una serie di osservazioni negative piene di disinformazione?  

Se si riferisce agli hobbisti della critica… è pieno. E non entriamo nello specifico del significato di critica. Credo che per esprimere giudizi, che non siano esclusivamente personali ma desiderino assurgere al livello di universalità (mi permetta il gioco), si debbano avere competenza, cognizione di causa, rispetto (insieme ovviamente a delle proprie idee). Ovviamente essere critici qualificati e dunque distinguersi da un critico non qualificato diventa fondamentale. Come qualunque altro ordine professionale (avvocati, medici, architetti..) essere un giornalista-critico richiede un percorso di preparazione e dunque di legittimazione. Nel caso specifico di Otello i risultati apprezzati dal lavoro svolto e dunque le reazioni positive di chi ha assistito alla produzione sono la risposta alla sua domanda. Ovviamente rimane lecito anche il pensiero di coloro che non hanno apprezzato dopo aver visto la produzione, ma fermarsi a un teaser delle mie note di regia senza aver visto lo spettacolo è un po’ come sentenziare che un dolce è buono o cattivo solo dal suo aspetto, senza averlo assaggiato, ma avendone distaccatamente letto la ricetta e basta. Gli ingredienti possono dare un’idea ma non possono darti un parere esaustivo del prodotto finale. 

– Quali sono i suoi progetti futuri?  

A breve sarò a Zagabria per Madama Butterfly di Puccini, impegnato in una coproduzione con la Fondazione Arena di Verona. Col nuovo anno una nuova produzione di Nabucco al Teatro Regio di Torino in coproduzione con altri prestigiosi teatri italiani e stranieri.

Ringrazio Andrea Cigni per la sua disponibilità e per la squisita cordialità con cui mi ha accordato questa intervista, colgo l’occasione per formulare i miei migliori auguri e di tutto il gruppo amministratori per i suoi prossimi impegni.

Alessandro Ceccarini

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