“Christus am Ölberge” op. 85 di Ludwig van Beethoven

 

Christus am Ölberge (Cristo sul Monte degli Ulivi)

Oratorio per soli, coro e orchestra op. 85

Musica

Ludwig van Beethoven (Bonn, 17 dicembre 1770 – Vienna, 26 marzo 1827)

Libretto

Franz Xaver Huber

Prima esecuzione

Vienna, Theater an der Wien, 5 Aprile 1803

Prima edizione

Breitkopf & Härtel, Lipsia 1811

Durata

50 minuti circa

Personaggi

Jesus, tenore

Seraph, soprano

Petrus, basso

Soldati, angeli, discepoli

di Adriana Benignetti

 

Argomento

L’oratorio tratta liberamente l’episodio del Getsemani: Gesù, preso dall’angoscia per l’imminente passione, invoca il Padre, chiedendo che gli venga risparmiato l’amaro calice. Scende dal cielo un Serafino, il quale ricorda a Gesù che, senza il suo sacrificio, l’umanità non potrà essere redenta. Mentre Cristo s’inchina alla volontà paterna, sopraggiungono i soldati per arrestarlo e disperdere i discepoli: solamente Pietro gli rimane accanto e si appresta a difenderlo, ma per ordine di lui, depone la spada. Gesù affronta il Calvario, tra un coro angelico osannante la sua gloria e la redenzione del genere umano.

Il testo

Christus am Ölberge è un testo di Franz Xaver Huber, autore del libretto di Das unterbrochene Opferfest (Il sacrificio interrotto), la fortunata opera di Winter su un tema della quale Beethoven aveva scritto una serie di Variazioni per pianoforte. Non ha un grande valore poetico e lo stesso Beethoven lo giudicava scadente: è tratto liberamente dal Vangelo, anche se il nucleo degli avvenimenti è sempre riconoscibile.

Per il libretto integrale vedi QUI.

Struttura dell’oratorio

Il breve oratorio si articola come un vero atto d’opera seria, movimentato e ricco di contrasti.

È diviso in:

Introduzione: drammatica in mi b min., con i terrificanti appelli dei tromboni e il pulsare sordo dei timpani. (N.B. Osservando gli schizzi si scopre che Beethoven compose l’introduzione come ultimo pezzo).

Recitativo «Jehovah, du mein Vater!» e Aria «Meine Seele», Gesù: un Cristo completamente umanizzato, privo di qualsiasi alone sovrannaturale e teologico, invoca il Padre in uno dei più potenti recitativi mai scritti da Beethoven e in una concitata aria in do min. sulle parole «Vater! Tief gebeugt und kläglich – Fleht dein Sohn hinauf zu dir» (Padre, profondamente oppresso e tra lamenti tuo figlio t’implora).

Recitativo «Erzittre, Erde!» e Aria «Preist des Erlösers», Serafino: nel Recitativo il Serafino ricorda a Gesù che finché non sarà compiuto il mistero della Redenzione, il genere umano sarà escluso dalla vita eterna: nell’aria, brillante e che ricorda molto Haydn, il Serafino annuncia al mondo che il Cristo morirà per salvare l’umanità.

Recitativo «Verkündet, Seraph» e Duetto «So ruhe denn», Gesù e Serafino: gli archi imitano le espressioni di timore e affanno.

Recitativo «Wilkommen, Tod!», Gesù

Coro «Wir haben ihn gesehen», Soldati

Recitativo «Die mich zu fangen», Gesù

Coro «Hier ist er», Soldati e Discepoli

Recitativo «Nicht ungestraft», Pietro e Gesù

Terzetto «In meinen Adern», Serafino, Gesù, Pietro: un terzetto ricco di contrasti di grande presa teatrale e drammatica.

Coro «Auf, auf!», Soldati e Discepoli

Coro «Welten singen […] Preiset hin», Angeli: la conclusione è pomposa, accompagnata da tutta l’orchestra in un ritmo puntato alla francese e con un fugato conclusivo. Il coro canta ‘Welten singen Dank und Ehre’ (L’universo canta grazie e lodi) con una musica che evoca serenità e gioia, elementi che la maturità beethoveniana saprà poi esaltare in maniera universale.

«Cristo sul Monte degli Ulivi fu scritto […] nello spazio di quindici giorni»

L’occasione per scrivere questa composizione fu offerta a Beethoven da Emanuel Schikaneder (l’autore del libretto del Die Zauberflöte di Mozart) che come direttore del Theater An der Wien gli suggerì l’idea di comporre un oratorio da eseguirsi durante i concerti della Settimana Santa.

Sono le lettere di Beethoven a consentirci di datare l’anno di composizione dell’oratorio. Il 26 agosto 1804, presentando l’oratorio alla casa editrice Breitkopf, insieme alla Sinfonia n. 3, al Triplo concerto e alle Sonate per pianoforte op. 53, 54 e 57, Beethoven scrive: «L’Oratorio non è stato ancora pubblicato finora perché vi ho ancora aggiunto un coro del tutto nuovo, e vi ho apportato alcuni mutamenti in quanto, avendolo scritto in poche settimane, certi passaggi, naturalmente, non erano di mia soddisfazione. – Per questo l’ho trattenuto sino a ora. I cambiamenti sono stati fatti soltanto dopo che mio fratello Le aveva scritto a proposito di questa opera». Nel 1811, scrivendo dell’oratorio sempre a Breitkopf & Härtel, Beethoven sottolinea: «Se circa il mio oratorio c’è qualche osservazione da fare, si è che fu il mio primo e il più vecchio lavoro di questo genere, scritto in quindici giorni fra ogni specie di tumulti e avvenimenti molto spiacevoli e angosciosi. […] Che io oggi possa scrivere un oratorio ben diversamente da allora è certo. […]». Ancora, il 24 gennaio 1824, in una lettera indirizzata alla Società viennese degli Amici della Musica per giustificarsi dell’insabbiamento del progetto di un oratorio, Der Sieg des Kreuzes (La vittoria della Croce), che avrebbe dovuto comporre e non compose, Beethoven scrive: «Cristo sul Monte degli Ulivi fu scritto da me in collaborazione col poeta nello spazio di quindici giorni: il poeta era musicista e aveva già scritto parecchie cose per la musica e potevamo parlarci in ogni momento». In realtà, Beethoven non amò mai questa composizione e ciò è percepibile anche da alcune frasi scritte da Schindler su un Quaderno di conversazione del 1823, all’indomani di una ripresa dell’oratorio avvenuta il 23 febbraio al Redoutensaal sotto la direzione di Franz Kirchlehner: «Voi dite che è troppo drammatico? Nel complesso, nelle arie?» e «Veramente Cristo non dovrebbe cantare!», dalle quali si può capire quali fossero i motivi dell’insoddisfazione.  Negli anni successivi alla prima rappresentazione, l’Oratorio Christus am Ölberge ebbe un grandissimo successo, testimoniato dalle sue continue rappresentazioni, e il favore del pubblico: fu la prima opera di Beethoven a essere pubblicata in Italia da Ricordi, nel 1823, e, ancora nel 1825, Karl Holz annotava in uno dei Quaderni di conversazione che fino a quel momento il Christus aveva sempre riempito i teatri. Man mano, , già nel corso dell’Ottocento, l’Oratorio cadde in una specie di oblio, diventato quasi totale nel secolo successivo: è significativo, per esempio, il fatto che alcuni dei massimi interpreti di Beethoven e del sinfonismo romantico tra Otto e Novecento non l’abbiano mai diretto.

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